“Tra le principali economie europee, l’Italia è seconda solo alla Germania per incidenza del settore industriale sul valore aggiunto complessivo, nonostante la crisi e la progressiva perdita della competitività dell’economia italiana nel decennio precedente la crisi”. Sono le parole del presidente del Consiglio, Mario Monti, che ieri ha inaugurato il nuovo stabilimento sughi di Barilla a Rubbiano di Solignano in provincia di Parma. Ilsussidiario.net ha intervistato Giovanni Marseguerra, docente di Economia politica all’Università Cattolica.
Professor Marseguerra, l’industria italiana ha beneficiato o è stata ostacolata dalle politiche del governo Monti?
Il sistema industriale italiano è un grande patrimonio per il Paese. Non è una proprietà di Monti, e non credo che il premier con le parole dette ieri voglia appropriarsene. E’ una realtà costruita nel corso dei decenni dall’impegno dei nostri imprenditori, lavoratori e da un clima di collaborazione e partecipazione che non ha precedenti. Il nostro sistema industriale è una grande ricchezza sia in termini economici, sia in termini valoriali e deve essere opportunamente protetto e promosso.
L’incremento delle tasse non rischia di “tagliare le gambe” alla nostra industria?
La pressione fiscale è arrivata a un livello insostenibile. Tuttavia bisogna tenere conto delle condizioni in cui si trova il Paese. Spesso non si tiene presente che quello dello spread è un problema che ha una influenza diretta sul sistema delle imprese attraverso la stretta creditizia che consegue quando il differenziale Btp/Bund è troppo elevato. Mantenere sotto controllo lo spread è nell’interesse del nostro sistema industriale.
Per quale motivo?
Oggi un imprenditore tedesco che intraprende un investimento ha la possibilità di ottenere somme per finanziarlo a un tasso di gran lunga più basso di quello che avrebbe un imprenditore italiano che volesse fare lo stesso investimento. Questo pone i nostri imprenditori in una condizione di grande difficoltà. Politiche fiscali così forti trovano una loro giustificazione nella necessità contingente di contenere per quanto possibile lo spread.
E’ l’eterno dilemma tra alzare le tasse per ridurre il debito o abbassarle per aumentare il Pil …
E’ un falso problema, in realtà bisognerebbe ripartire la tassazione in maniera diversa, alleggerendo la pressione fiscale che grava su imprese, lavoro e famiglia. Questi soggetti, che sono il patrimonio del Paese, oggi sono tassati in maniera eccessiva. Si tratta di un percorso lungo, ma indubbiamente bisogna iniziare a fare qualcosa. Ancora non si intravede una soluzione stabile e duratura della crisi, stiamo attraversando una situazione di relativa emergenza e non si sa che cosa farà la Spagna, né che cosa seguirà a un’eventuale richiesta di aiuto da parte di Madrid. Non è il momento di abbassare la guardia, tuttavia va perseguito un percorso virtuoso che porti alla riduzione delle tasse per le imprese, il lavoro e le famiglie.
Da dove si può cominciare?
La riduzione del cuneo fiscale è una delle priorità. L’Irap è una tassazione iniqua, sbagliata e da modificare. Mi rendo conto che non è facile, ma in tempi come quelli attuali prefigurare soluzioni semplici significa non cogliere la complessità del problema.
In che modo può essere finanziato il taglio dell’Irap?
Le soluzioni tecniche sono diverse, quello che è importante è dare un segnale. Probabilmente in questo momento non si può fare molto, ma dare un segnale di attenzione alle imprese e alle famiglie, oltre all’entità del provvedimento, aumenterebbe la fiducia e in quanto tale avrebbe un valore decisivo.
Il patto nazionale per la produttività lanciato dal ministro Passera non rischia di essere un passo indietro rispetto alla contrattazione decentrata di Sacconi?
Il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, non intende affatto prefigurare un ritorno al contratto unico nazionale. Quella della contrattazione decentrata è la strada che stiamo intraprendendo con decisione. I contratti locali e aziendali sono importanti e con il tempo lo diventeranno sempre di più. C’è un grande fenomeno di sussidiarietà che si sta realizzando, e che ha avuto un promotore nell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, il quale ha tracciato un percorso da cui non è possibile uscire. In presenza di un’accentuata diversificazione territoriale e settoriale delle nostre imprese, prefigurare un ritorno al contratto nazionale sarebbe una follia.
(Pietro Vernizzi)