I dati degli osservatori internazionali certificano per l’ennesima volta che siamo ben lungi dall’uscire dalla crisi. Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le stime sull’economia globale. Secondo l’organismo, il clima di incertezza inficia le prospettive di crescita. Secondo il Fmi, in particolare, la zona euro vedrà, nel 2012, una decrescita dello 0,4%; andrà molto peggio l’economia italiana, il cui Pil si contrarrà del 2,3% (rispetto alle previsioni dell’1,9% di luglio), in linea con le ultime stime del Def (-2,4%). Nel 2013 il crollo si attesterà invece al -0,7%, contro un calo previsto dello 0,3%. IlSussidiario.net ha chiesto a Paolo Preti, direttore del master delle Piccole e medie imprese dello Sda bocconi come interpretare queste rilevazioni. «Non credo – afferma – che la rotta si possa invertire da Roma. Il governo, sicuramente, potrebbe contribuire sostenendo l’entusiasmo degli imprenditori. Entusiasmo che già c’è, se si considera che il saldo della bilancia commerciale, a luglio, è stato di 4.5 miliardi di euro, il record dal 1998». Significa che, nonostante il mercato interno non sia recettivo, le nostre imprese sono egregiamente in grado di andare su quelli emergenti. Si diceva dell’ulteriore aiuto che potrebbe dare il governo: «Peccato che stia facendo ben poco: potrebbe iniziare a restituire alle Pmi i crediti che vantano nei confronti delle pubbliche amministrazioni, o coordinare gli istituti del commercio estero per aiutarle a esportare. Ma niente da fare. Assistiamo, invece, alle dichiarazioni del ministro Fornero che minaccia le dimissioni se la sua riforma del lavoro sarà emendata. Nonostante non ci sia nulla, in quel provvedimento, che aiuti le imprese ad assumere, favorendo, così, il rilancio dei consumi». In ogni caso, «non c’è bisogno di aspettare le stime del Fmi per affermare che, dopo un anno di misure antispread e austerità, occorre passare alla fase successiva».



A livello europeo, quindi, «in questa singolare situazione, potrebbe essere opportuno varare massicci interventi di spesa pubblica per rilanciare il mercato interno, favorendo, ad esempio, le opere di ristrutturazione». Tuttavia, alle intenzioni si frappongono una serie di ostacoli pratici: «Nel giorno della visita in Grecia della Merkel, non credo che un intervento del genere sia di stretta attualità. Attualmente, la priorità consiste ancora nel contenimento  i costi». Non solo: «La realizzazione della Tav è un’operazione che andrebbe nella direzione auspicata. Abbiamo visto fin qui, tuttavia, quanti vincoli di natura politica e ideologica ne hanno rallentato la cantierizzazione».



Detto ciò, non si pensi che lo scenario sia necessariamente catastrofico: «Commentare i dati di giornata è esercizio che, spesso, lascia il tempo che trova. Essi, infatti, vengono sovente smentiti da rilevazioni successive. Non dobbiamo, in ogni caso, dimenticare che, dopo anni in cui parliamo della crisi, solo adesso stiamo assistendo ai suoi contraccolpi più incisivi. Inoltre, se secondo alcuni indicatori la crisi deve ancora investirci in tutta la sua pienezza, secondo altri l’abbiamo già alle spalle». Secondo Preti, in sostanza, questi dati «non aggiungono nulla rispetto al trend ribassista che già da tempo era noto». Tuttavia, confermano il fatto che «non è possibile continuare a impuntarci su politiche austere e recessive, ma dobbiamo realmente iniziare a concentrarci sulla crescita».



 

(Paolo Nessi)