Fino a tre o quattro anni fa, l’Italia era il maggior esportatore di mobili al mondo. Era un primato che, con la globalizzazione, con la crisi, ma soprattutto di fronte alle capacità produttive, con i costi del lavoro annessi, dei paesi emergenti, non poteva durare a lungo. Tuttavia, come specifica il presidente di AssoPannelli, Paolo Fantoni, «l’Italia resta ancora oggi il primo esportatore al mondo del mobile di qualità». Fantoni, che si trova di fronte a grandi problemi da risolvere per l’industria del legno, non dimentica una specificità italiana: «Siamo figli del bello, di un gusto raffinato, che è stato realizzato negli anni con il contributo di bravissimi architetti e di grandi esperti del design». Non è un caso che alcuni marchi dei “famosi distretti” del mobile in Italia siano celebri in tutto il mondo e che i mobili che vengono prodotti in queste zone imprenditoriali italiane finiscano poi alla Casa Bianca o facciano parte dell’arredamento di alcuni palazzi e giardini della Corona inglese, solo per fare un esempio. Ci sono poi altre indicazioni che si possono trarre dal mercato del mobile e riguardano i mutamenti nel settore della grande distribuzione, con i fenomeni tipo Ikea. Ma il vero problema che adesso si pone è un altro per tutti i produttori e i lavoratori del legno in Europa e in Italia: quello della materia prima, del legno. Proprio su questo tema oggi prenderà il via una due giorni di eventi (chiamata “Action day 2012”) per sensibilizzare le istituzioni europee e nazionali a una gestione più equilibrata delle risorse forestali.



Presidente Fantoni, ci può spiegare qual è il problema cui si trova davanti il vostro settore?

Ci sono crescenti incentivi alle centrali elettriche alimentate a biomassa, in buona sostanza legno al posto del carbone, che alla fine tolgono legname alla filiera produttiva. A forza di sussidi, le grandi multinazionali elettriche usano legno in quantità enormi e questo di fatto sottrae materia prima a chi lavora nel nostro settore. Tutto questo provoca anche squilibri di varia portata.



La situazione attuale tradotta in numeri com’è?

L’escalation dei prezzi del pannello truciolare (+45% in un anno) mette a rischio la produzione di mobili in Italia. Produzione che, nell’ultimo decennio, ha reagito bene alle sfide della globalizzazione, puntando sulla ricerca e lo sviluppo. Ma, in tutti i casi, non si possono certo fare dei miracoli. Dopo il crollo dei giro d’affari nel 2009 (-18%) e la successiva ripresa del fatturato (+1,8%), l’industria del legno e del mobile è obbligata ad aumentare le importazioni per mancanza di materia prima che viene progressivamente dirottata verso la produzione di energia. Naturalmente con pesanti ripercussioni sugli imprenditori locali.



Quali sono le vostre richieste al proposito?

Come AssoPannelli abbiamo chiesto un intervento governativo per favorire maggiore efficienza energetica e produttiva, per diminuire l’impatto ambientale senza distruggere la filiera del legno e per evitare semplici flussi di denaro verso operatori energetici italiani e stranieri, ricorrendo invece agli impianti energetici di dimensioni ridotte che raccolgono il legno in un’area ragionevole e sostenibile.

 

Il problema non riguarda solamente l’Italia, l’industria del legno e del mobile del nostro Paese, ma l’intera Europa.

 

In pochi mesi hanno dovuto chiudere grandi aziende europee. In Italia si è dovuto ricorrere nel primo semestre del 2010 a chiusure temporanee di alcune imprese per mancanza di materia prima. E questi sono autentici campanelli d’allarme La concorrenza viene soprattutto dai cinesi, dai malesi, dai turchi. Non è certo un’industria da trascurare quella del legno in tutta la sua filiera che va dalle segherie, ai pannelli, agli imballaggi, ai mobili. A parte la nostra tradizione e quella di alcuni paesi che sono antichi maestri nel costruire eccezionali case di legno, tutta questa industria in Europa conta 2 milioni e mezzo di addetti e solamente in Italia ben 370mila persone.

 

Come AssoPannelli e come industrie del legno avete già attirato l’attenzione delle istituzioni con diverse iniziative.

 

Due ani fa è stato indetto un Action Day. Adesso la European Panel Federation ha indetto una nuova manifestazione per porre l’attenzione sulla difficile situazione in cui si trova il settore, proprio a causa di una squilibrata gestione delle risorse forestali. Ieri c’è stata una conferenza stampa a Bruxelles, a cui sono hanno partecipato esponenti del Parlamento europeo; oggi iniziano due giornate di mobilitazione. A tutti i parlamentari europei è stato consegnato un cubo di legno che riporta sulle sei facce messaggi per un utilizzo del legno più equilibrato. In più, una lettera che spiega i motivi della protesta.

 

Dottor Fantoni, il motivo di fondo di questo Action Day 2012?

 

Rappresenta essenzialmente un momento di informazione rivolto alla società civile per spiegare un fenomeno nuovo (la combustione del legno per la produzione di energia) che sta creando non pochi problemi al complesso delle industrie di trasformazione del legno. Vorrei precisare che il nostro intento non è quello di opporci in maniera frontale, bensì di presentare proposte concrete perché venga attivata una migliore gestione dell’attività forestale. Ad esempio, in Italia una politica più attenta a questa tematica avrebbe ricadute positive a livello occupazionale, sia nelle aree montane ricche di boschi, sia in pianura dove verrebbe recuperata l’antica tradizione della produzione di pioppo di alta qualità.

 

Tutto questo sembra un paradosso. Un’antica tradizione imprenditoriale e una fiorente industria viene privata di materia prima. Una corsa “incentivata” a creare energia più pulita, arriva a provocare squilibri anche di natura ecologica.

 

(Gianluigi Da Rold)