Di per sé, i numeri sembrano voler disegnare un quadro dai toni più lugubri che altro. I record negativi vengono valicati, e le prospettive non lasciano intendere miglioramenti nell’immediato. Così appaiono, d una prima lettura, i dati sull’industria italiana. In particolare, gli ordinativi a febbraio hanno segnato un -2,5%. Il dato è composto dal -4,9% degli ordinativi interni e dal +1,1% di quelli esteri. Rispetto al mese di febbraio dell’anno scorso, infine, l’indice grezzo degli ordinativi segna un calo del 13,2%. Si tratta del record negativo dall’ottobre del 2009, quando la diminuzione era stata del 16,5%. Guido Corbetta, professore ordinario di Strategia aziendale e titolare della cattedra AIdAF – Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari, spiega a ilSussidiario.net come interpretare la situazione. «L’allarmismo non aiuta nessuno. Sta di fatto che i dati fotografano una situazione reale. E celano grandi problemi di liquidità. Gli ordinativi si stanno riducendo per una difficoltà ad accettare ordini di cui non c’è la certezza dei pagamenti». La pubblica amministrazione non è l’unica a non pagare i propri debiti. «Ritardi nei pagamenti ci sono anche tra privati e privati». C’è un dato incoraggiante: «Le aziende, ormai, si dividono tra quelle che hanno direttamente (o indirettamente tramite i propri clienti) ordinativi all’estero  e quelle che non ne hanno». Le conclusioni si traggono da sé. «E’ bene che tutte le imprese italiane che ne hanno capacità investano anche fuori dall’Italia».



Secondo Corbetta non si può imputare solo alle banche la mancanza di investimenti in tal senso. «E’ evidente che si trovano in difficoltà nel seguire tutti i progetti di investimento, rispetto ai quali si procederà in maniera sempre più selettiva; detto questo, credo che gli imprenditori debbano iniziare a entrare nell’ottica di idee di iniziare a recuperare risorse anche attraverso altre fonti». Ovvero, «attraverso i fondi privati e organizzandosi per sbarcare sui mercati borsistici». Al contempo, le amministrazioni pubbliche che non pagano i propri debiti non rappresentano il problema principale. «Il problema dell’insolvenza riguarda pressoché ogni settore».



Il governo, dal canto suo, può fare molto: «Esistono una serie di enti e associazioni che rappresentano un valido strumento per agevolare lo sbarco sui mercati esteri, quali la Sace, la Simest o in parte la Cassa Depositi e Prestiti. Molte aziende di dimensioni non necessariamente microscopiche non sanno dell’esistenza di queste realtà. E’ anzitutto necessario, quindi, portarle a conoscenza del grande pubblico. E completare quell’opera di coordinamento che il ministro per lo Sviluppo economico ha inaugurato». In conclusione: «Il problema del commercio estero non si limita alle risorse finanziarie; sono altrettanto importanti quelle umane e organizzative. Aggiungere qualche soldo non sarà sufficiente a ripartire. Sarà necessario lanciare alcuni dei nostri giovani sui mercati stranieri, per promuovere le nostre imprese all’estero. Al contempo, gli imprenditori dovranno, però, andare alla ricerca del personale di questo tipo». 



 

(Paolo Nessi)

Leggi anche

SCENARIO PIL/ Dall'export al turismo, ecco i danni della burocrazia alla nostra economiaSCENARIO PIL/ "I numeri dell'export frenano la crescita italiana"CAOS MAR ROSSO, QUANTO CI COSTA?/ "A rischio la ripresa dell'export, a rischio l'8,7% del made in Italy"