Il sistema socio-economico internazionale è entrato con il 2012 nel suo quinto anno di crisi. La più lunga e la più profonda dalla fine della seconda guerra mondiale. L’Italia, così come quasi tutti i Paesi cosiddetti avanzati, sta oggi vivendo una triplice crisi: politico-istituzionale, economica, e sociale. Queste tre crisi sono poi ovviamente tra loro fortemente intrecciate e si alimentano l’una con l’altra. Ma quali sono le cause più profonde di questa crisi che sembra non aver mai termine? E cosa si dovrebbe fare per cercare di uscirne? Sono queste solo alcune delle questioni affrontate nel volume “Economia oltre la crisi – Riflessioni sul liberalismo sociale” (prefazione di Romano Prodi, Editrice La Scuola, “Orso Blu”, pagg. 207), un libro-intervista in cui Alberto Quadrio Curzio risponde alle domande poste dal giornalista Stefano Natoli.
La tesi fondamentale è che il liberalismo sociale (basato su Sussidiarietà, Solidarietà e Sviluppo) è il paradigma che meglio approssima l’attuale Europa continentale e verso il quale la stessa deve tendere lasciando da un lato il liberismo libertario e dall’altro il dirigismo assistenzialista. Già dal titolo e dal sottotitolo del volume si comprende come l’autore, pur collocando il proprio contributo all’interno della ricerca di una traiettoria per superare la crisi, lo delimiti tuttavia all’ambito delle riflessioni che indicano un iter in corso.
Si tratta infatti, in termini molto generali, di “una riflessione attorno alle tendenze di lungo andare dei fenomeni economici nelle loro connessioni istituzionali e sociali con riferimento ai principi, ai fatti e alle politiche in Italia, in Europa e nella geo-economia”. Questa impostazione rivela nitidamente come per Quadrio Curzio negli studi economici sia fondamentale un approccio interdisciplinare, basato su un contatto continuo con le scienze umanistiche, sociali e storiche con una visione di lungo periodo. E rivela anche come, secondo Quadrio Curzio, per capire la crisi dell’oggi sia necessario affrontare il vecchio problema del nesso tra economia e politica, rifuggendo da una visione strettamente economicista e collocandosi nel contesto più ampio dei rapporti tra istituzioni, società ed economia. Il punto è che né la teoria liberista, né quella keynesiana sembrano oggi in grado di fornire soluzioni davvero complete ed efficaci alla crisi perché “in una democrazia l’economia si colloca nella triade Istituzioni, Società ed Economia ed è pericoloso o comunque parziale trattare solo di economia senza avere presenti le altre due componenti”.
Tra le cause della crisi Quadrio Curzio mette in evidenza due grandi fattori: la drammatica divaricazione tra economia reale e finanza, e la mancata regolazione dei mercati, di quelli finanziari in modo particolare. Per quanto attiene al primo, lo sganciamento che si è verificato negli ultimi decenni tra l’economia della produzione e l’economia finanziaria rappresenta una novità assoluta, almeno per dimensioni, nella storia. In riferimento al secondo fattore di crisi, invece, esso è essenzialmente da ascrivere all’errata convinzione che il mercato sia in grado di regolarsi da sé e dunque debba essere lasciato operare liberamente.
Non è possibile qui dar conto dei moltissimi temi affrontati nel volume. Quadrio Curzio, rispondendo alle domande di Natoli, spazia su molte questioni di grande rilevanza: affronta il tema dell’euro, del ruolo della Bce e mette in evidenza i limiti sia in generale della governance europea, sia in particolare del recente “fiscal compact”; riprende la proposta innovativa sugli EuroUnionBond che egli ha elaborato con Romano Prodi; si sofferma sul ruolo della finanza pubblica e di quella privata; esamina il nesso di relazioni tra impresa e lavoro.
Uno dei capitoli più interessanti del volume è quello dedicato ai rapporti tra economia e valori. Secondo Quadrio Curzio, “l’economia è una scienza politico-sociale che ha una necessaria valorialità e storicità anche (e soprattutto) quando si verificano grandi innovazioni”. In accordo con questa impostazione, secondo Quadrio Curzio ogni economista (e invero ogni scienziato sociale) dovrebbe sempre cercare, nelle sue analisi dei problemi concreti e reali, di farsi portatore di ideali che puntino al miglioramento, sia pur graduale, dei sistemi politico-sociali-economici. La capacità di progettare e cercare di costruire una società migliore diventa allora essenziale per valutare l’operato di chi studia i fenomeni sociali.
Sotto questo profilo, Quadrio Curzio ha elaborato nel corso di quasi mezzo secolo di ininterrotta e tuttora vivacissima attività scientifica, una serie di paradigmi valoriali con concrete ricadute in termini di politiche economiche. Tra questi, non si può non menzionare quello cosiddetto delle “3S”: solidarietà, sussidiarietà e sviluppo. Non è possibile qui ripercorrere in dettaglio questo paradigma; basti ricordare che esso sottolinea come la sussidiarietà sia essenziale per lo sviluppo, che non può esserci in assenza della libera iniziativa economica e sociale collocata dentro regole fissate dalle Istituzioni, e come lo sviluppo sia funzionale ad una solidarietà concreta. Ne deriva che Quadrio Curzio, sulla combinazione di sussidiarietà, sviluppo, solidarietà, riesce a fondare un modello di liberalismo sociale e di federalismo solidale “che coniugano libertà e responsabilità e che sono le caratteristiche della Eurodemocrazia e delle democrazie che la compongono”.
Ad ampio spettro è anche la riflessione sul nostro Paese, rispetto al quale Quadrio Curzio sollecita una visione realista, che accanto al riconoscimento delle molte criticità, sappia vedere e valorizzare i punti di forza da rintracciare soprattutto nel settore manifatturiero dei distretti e delle piccole e medie imprese. Tra le riforme più urgenti per ritornare a uno sviluppo e a una crescita sostenibili Quadrio Curzio indica innanzitutto il completamento del federalismo solidale italiano, per il quale molto si è fatto, ma diverse cose restano da fare a cominciare da alcuni decreti attuativi della Legge delega sul federalismo fiscale. Una seconda riforma necessaria, che come per la precedente Quadrio Curzio definisce di sussidiarietà sistemica, è quella fiscale, che dovrebbe nel contempo alleggerire il carico sui fattori produttivi ed evitare il taglio della spesa sociale; quest’ultima dovrebbe comunque essere redistribuita spostando risorse da forme puramente assistenzialiste ad altre idonee a rendere meglio funzionante il mercato del lavoro e quindi i sistemi produttivi.
A questo riguardo Quadrio Curzio individua quali possibili fonti alternative di gettito il contenimento dei costi diretti e indiretti della politica e la lotta all’evasione fiscale. Ulteriori riforme necessarie, che Quadrio Curzio definisce di sussidiarietà settoriale, riguardano impresa e relazioni industriali, mercato e concorrenza, rispetto a cui nel volume si enfatizza soprattutto la necessità di semplificazione normativa, il superamento del dualismo Nord-Sud e il sistema di istruzione e formazione.
In estrema sintesi, l’insegnamento di Quadrio Curzio ci dice che per uscire davvero dalla crisi è oggi necessaria l’adozione di un’etica della responsabilità fondata su sussidiarietà e solidarietà nella promozione dello sviluppo. Un tale sistema valoriale, non astratto e sempre orientato al bene comune, diventa imprescindibile per un’azione di politica economica che sia davvero efficace e per un’attività imprenditoriale che sia sostenibile nel lungo periodo. È una lezione importante che molti economisti farebbero bene a leggere con attenzione.