È incredibile ascoltare quello che dicono gli imprenditori della Brianza, quelli legati a un’industria nobile, di eccellenza mondiale, come quella del legno, del mobile e dell’arredamento. «Se va tutto bene, ma proprio se va tutto bene, quest’anno faccio un 25% in meno di fatturato». Pietro Bellotti ha una bella media impresa a Cermenate, Brianza profonda, con 140 dipendenti. Produce semilavorati in legno, pannelli, che vanno poi alle imprese del grande “distretto del mobile”, ma anche al settore della nautica da diporto, e ad aziende, spesso controllate dalla Stato, nel settore dei trasporti ferroviari, delle metropolitane.



Come è in questo momento la situazione della vostra azienda? Come vivete questa crisi?

È un ritornello che avrà sentito diverse volte in questi tempi. Sono cinque anni di ristagno e sofferenza, con una schiarita positiva che è avvenuta solo nei primi quattro mesi del 2011. Poi è tutto ripiombato in basso, i consumi sono crollati. C’è stata una contrazione in Italia che si può vedere a occhio nudo, ma non va bene neppure in altri paesi europei, come ho potuto vedere di persona. In cinque anni il fatturato è sceso del 40%. Per me, che lavoravo molto per il settore nautico da diporto, ci sono stati degli inevitabili contraccolpi. Ad esempio, proprio nel settore nautica ho perso il 60%.



Eppure continuate a resistere e questo distretto industriale è un’eccellenza mondiale.

Che cosa dobbiamo fare? Continuiamo a resistere e speriamo che alla fine cambi il vento. Ma quello che a volte ci impressiona maggiormente è che non si vede al momento una via d’uscita, non si veda un bagliore rispetto a questa situazione di ristagno prolungato. Basta vedere quello che si è notato al Salone del mobile quest’anno. C’è stata come al solito molta gente, numericamente un successo, ma veniva principalmente dall’estero. Di italiani ce ne erano pochi. Tenga presente che la mia produzione per l’80% è rivolta al mercato italiano. È per questa ragione che come azienda pensiamo di mirare ad arrivare a un 40% di export e a un 60% di produzione destinata al mercato interno.



A parte il fatto che siamo in una crisi che si può definire ormai epocale, che cosa incide in negativo di più su un’impresa come la vostra?

Certamente ci sono una serie di fattori negativi, che partono dalla pressione fiscale a tutta la serie di considerazioni che si fanno legate alla crisi. Ma quello che in questo momento ci pesa di più, in senso negativo, sono gli insoluti, il fatto del ritardo nei pagamenti. Io aspetto pagamenti di prodotti fatti e consegnati che mi arrivano dopo mesi, quando va bene. E questo mi capita anche con aziende dello Stato. Mi dicono che pagheranno a 120 giorni ed è inutile insistere.

Eppure non smettete di battervi sul mercato. E puntate come al solito sulla grande qualità. E in questo senso l’intenzione di FederlegnoArredo e Aslam di costruire un Polo Formativo dei mestieri l’anno prossimo in Brianza sembra essere un segnale incoraggiante.

Guardi, sono andato alla presentazione di questa scuola e sono rimasto sorpreso positivamente. Mi sono detto: questa volta l’hanno proprio azzeccata. Sapere, ad esempio, che ci sarà una formazione, una scuola da cui usciranno dei giovani competenti per il cosiddetto “controllo numerico”, che richiedeva una fatica non indifferente con l’uso dei computer, è stato quasi un sollievo. Così come è positivo che si formino tecnici, con buona conoscenza delle lingue, che girano per il mondo e possono vedere come cogliere buone occasioni sul mercato. Questa diventa un’occasione, un salto qualitativo anche nel mantenimento di una lunga tradizione.

 

In fondo la costituzione di questo Polo Formativo è una sfida, ma anche una speranza, con la consapevolezza che vi volete adattare al nuovo, alle esigenze del mercato globale. Insomma cercate di mantenere la vostra tradizione con un aggiornamento continuo.

 

Credo che sia questo l’obiettivo e questa è un’ottima occasione da cogliere. Un’iniziativa del genere è in fondo una risposta a questa crisi gravissima. È un messaggio che le imprese di questo territorio non vogliono arrendersi.

 

(Gianluigi Da Rold)

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