“L’Italia è sulla strada giusta per raggiungere il pareggio strutturale di bilancio e non ha bisogno di nuove manovre”. Queste le parole del vicepresidente dell’esecutivo Ue, Olli Rehn, che ha presentato ieri le previsioni economiche di primavera della Commissione europea. Il rapporto ha però rivisto al ribasso le stime di crescita economica dell’Italia: secondo l’Ue nel 2012 ci sarà una diminuzione del Pil pari all’1,4% (contro l’1,3% previsto dal governo italiano), mentre la ripresa è attesa per l’anno prossimo, con un aumento dello 0,4% (contro lo 0,3% previsto a febbraio). “L’Italia raggiungerà gli obiettivi previsti per il 2013”, ha confermato il vicepresidente della Commissione europea, sottolineando che il nostro Paese “è in linea con il Patto di stabilità e crescita”. La ripresa è quindi in vista, “ma la situazione resta fragile”. Lo stesso rapporto Ue rivela in effetti che in Italia la disoccupazione aumenterà di oltre un punto percentuale nel biennio 2012/2013, mentre a livello Ue-17 la Commissione prevede una diminuzione degli occupati dello 0,5% nel 2012 e una situazione invariata nell’anno successivo. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a questi dati al professor Giovanni Marseguerra, docente di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano.



Professore, qual è il dato che la preoccupa maggiormente?

Le previsioni elaborate dalla Commissione europea non sono particolarmente brillanti, né per l’Eurozona, né per l’Italia. Il primo dato che a mio parere appare più preoccupante è quello riguardante la disoccupazione, che secondo le stime Ue continuerà a crescere fino a oltre un punto percentuale nel periodo 2012/2013 rispetto al biennio precedente. Questo sarà soprattutto causato dal forte aumento della disoccupazione giovanile e, anche se in futuro ci sarà una sorta di parziale compensazione con l’aumento dei tassi di occupazione per le fasce di età più alte, il quadro di riferimento appare tuttavia preoccupante.



Cosa pensa invece delle previsioni sul Pil?

Anche queste sono molto negative e l’uscita dalla recessione prevista in futuro non ci impedirà di avere un risultato fortemente negativo quest’anno, come anche tutta l’Eurozona. Dal punto di vista della crescita, i dati sono quindi piuttosto negativi: la ripresa arriverà probabilmente dalla seconda metà di quest’anno, ma acquisterà velocità soltanto nel 2013.

Quali sono a suo giudizio le misure che l’Italia dovrebbe immediatamente attuare?

Una delle priorità è a mio giudizio la riattivazione del circuito del credito. In questo momento la stretta creditizia è realmente drammatica, quindi le banche devono finanziare le imprese per rilanciare lo sviluppo.



Cosa pensa della situazione delle Pmi italiane e dei tanti suicidi avvenuti in questo periodo?

Voglio ribadire che le nostre piccole e medie imprese sono in grave difficoltà perché da un lato sono strette da crediti che non riescono a esigere, mentre dall’altra non riescono ad avere credito dalle banche. Si trovano quindi a dover far fronte a un insieme di obbligazioni nei confronti di fornitori e dipendenti, senza però avere la possibilità di uscirne. Il fenomeno dei suicidi ha raggiunto dimensioni sconvolgenti, come anche il fatto che non si senta la necessità di intervenire rapidamente per riattivare il credito alle imprese e far rapidamente in modo che lo Stato ripaghi i debiti con esse. Sembra quasi che si stia giocando con la vita delle persone.

A livello europeo che tipi di interventi si possono immaginare?

Bisognerebbe procedere con una regolamentazione della finanza speculativa che si dimostri finalmente efficace. Credo che ormai non sia più rimandabile l’introduzione a livello europeo di una Tobin Tax sui movimenti dei capitali finanziari. Devono restare liberi i capitali che finanziano l’economia reale, ma quelli speculativi devono essere tassati, quindi la Tobin Tax deve essere portata avanti anche a livello europeo. Un’ultima riflessione riguarda invece gli investimenti.

 

Di che cosa si tratta?

 

Senza un piano di grandi investimenti strutturali non si va da nessuna parte. Il rigore è necessario, ma con il solo rigore non si creano crescita e sviluppo. Ovviamente i singoli paesi non possono permettersi di fare grandi investimenti infrastrutturali ed è quindi necessario che alle spalle di tutto ci sia l’Europa.

 

In che modo?

 

Lo strumento che intravedo come possibile è quello degli Eurobond che è stato più volte rilanciato, anche recentemente, da Prodi e Quadrio Curzio. Quello che però è davvero necessario per dare benzina a queste proposte è un nuovo slancio europeista: serve più Europa, un Europa che sappia guardare lontano, che privilegi la solidarietà e che su questa costruisca lo sviluppo. Queste sono a mio giudizio le condizioni assolutamente necessarie per poter uscire da una situazione di stagnazione che sembra non finire mai e da una crisi che sta spingendo tante persone a togliersi la vita.

 

(Claudio Perlini)