In fondo, la proposta di Alfano, così male non era. Certo, difficilmente avrebbe potuto intestarsene l’esclusiva. Di per sé, infatti, l’ipotesi circola da tempo. Tuttavia, il segretario del Pdl era riuscito a suscitare l’indignazione del premier Monti che aveva reagito con sdegno manifesto. Poche settimane dopo, la stessa proposta, con le debite differenze, torna in auge. Perché a farla è stato il viceministro dell’Economia Vittorio Grilli. Che ha annunciato: «Il decreto sulle compensazioni sarà pronto, definito e annunciato entro la prossima settimana». All’imprenditore che vanta crediti nei confronti della pubblica amministrazione, saranno consegnati due modelli per certificare quanto gli spetta. I documenti gli consentiranno di compensare i debiti iscritti a ruolo. «Qualcosa del genere avviene già», spiega, raggiunto da ilSussidiario.net, Paolo Costanzo, titolare dell’omonimo studio di consulenza aziendale. «L’impresa che vanta un credito d’imposta – continua – può compensare tale credito con l’estinzione del debito Iva. Tuttavia, l’operazione è possibile unicamente per importi limitati». Secondo Costanzo, non è escluso che «l’idea del governo sia quella di estendere il procedimento. Consentendo anche alle imprese che non vengono pagate dalle pubbliche amministrazioni, di utilizzare quel credito per l’estinzione dei debiti. Altresì, si potrebbe consentire l’armonizzazione dei ritardi; viene ritardato il pagamento da parte dello Stato ma, a quel punto, anche l’obbligo per l’impresa, di ossequiare il proprio debito».



Per Costanzo, sarebbe ben più di una semplice boccata d’ossigeno. «Sanerebbe una palese ingiustizia. In questo momento, infatti, moltissimi cittadini che vantano crediti significativi non riescono a incassarli mentre i debiti non pagati determinano immediate sanzioni, interessi e pignoramenti». Tuttavia, per sortire effetti realmente benefici, il governo dovrà tenere a mente alcuni fattori: «Non ci sono solo i crediti derivanti dai mancati pagamenti relativi alle forniture o all’erogazione di servizi, ma anche quelli provenienti dalle imposte dirette. Ci sono contribuenti, ad esempio, che vantano crediti per acconti versati in precedenza eccedenti il debito effettivamente realizzato». Non solo: «Sarebbe necessario operare anche sulle somme dovute all’erario come i contributi e le ritenute versate per i dipendenti». Una compensazione di questo genere raggiungerebbe l’obiettivo. «Consentirebbe alle imprese di godere di maggiore liquidità. Il che, attualmente, è la priorità assoluta».



Ne conseguirebbe un circolo virtuoso: «Oggi, l’azienda A che non riesce a esigere i pagamenti dallo Stato, si trova a non poter, a sua volta, pagare l’azienda B che le fa da fornitore e che, magari, non vanta crediti nei confronti dello Stato; quest’ultima, di conseguenza, non riesce a pagare i dipendenti. Questo trend si invertirebbe». I suddetti certificati dovrebbero permettere anche di ottenere credito dalle banche nella forma pro-solvendo; in sostanza, l’istituto acquisisce il credito dell’imprenditore al quale, tuttavia, spetta l’onere di solvenza in caso di inadempienza da parte dello Sato. «L’idea, di per sé, è buona – dice Costanzo -. Resto perplesso, tuttavia, sulla necessità di presentare un certificato. Mi pare che rappresenti un inutile adempimento in più quando sarebbe, in realtà, sufficiente presentare le fatture».



 

(P.N.)

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