Questione di ore. Almeno negli auspici. Poi, l’assurda anomalia che regola la correlazione tra Stato e imprese dovrebbe essere, almeno in parte, eliminata. Un rapporto sbilanciato a favore del più forte che fa sì che moltissime aziende italiane vantino crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni che non possono esigere. Il governo, adesso, sarebbe in procinto di emanare i decreti necessari per sbloccare la situazione. Sia ben chiaro: l’operazione rappresenterà un compromesso al ribasso. L’ideale sarebbe che lo Stato, semplicemente, pagasse. Ma non sarà così.



Attraverso una meccanismo burocratico, l’imprenditore otterrà una certificazione dei propri crediti. A quel punto, potrà ottenere dalla banca lo sconto del credito dovuto, pur rimanendone responsabile in caso di insolvenza delle Stato o, in alternativa, una compensazione: parte dei debiti fiscali potranno estinguersi in base all’ammontare dei crediti. Comunque vada, bisogna fare in fretta: «Lo scenario economico  è fosco. Con i risultati dell’andamento del Pil del primo trimestre 2012, si è riconfermato il fatto che siamo in recessione. L’indice ha marcato segno meno per il terzo trimestre consecutivo e, come se non bastasse, ha raggiunto, su base annua, il -1,3%. Una percentuale, di per sé, piuttosto allarmante», spiega,raggiunto da ilSussidiario.net Giuseppe Colangelo, professore di Economia politica presso l’Università dell’Insubria. «Del resto – continua , girando per le città ci si rende conto della triste congiuntura. Molti negozi rimangono sfitti. E questo non era mai accaduto prima. La mancata solvenza da parte dello Stato, in tutto ciò potrebbe avere un peso». Di conseguenza, «è necessario fare tutto il possibile per alleviare le problematiche finanziarie ed economiche delle imprese. In tal senso, occorre coniugare due esigenze: quella di garantire alle imprese l’esigibilità dei loro crediti per consentire loro di sopravvivere, e quella di non affossare ulteriormente il bilancio dello Stato».



Su queste pagine, Gaetano Troina affermava che la compensazione poteva avere un senso, al limite, due o tre anni fa. Oggi, invece, le aziende hanno bisogno di liquidità immediata per poter pagare bollette e fornitori. «Per alcuni – replica il professore -, la compensazione può essere utile, per altri no. Dipende dalla singole relazioni finanziarie specifiche tra l’azienda e l’amministrazione pubblica. Non è possibile scattare una fotografia di tutte le aziende prese nel loro complesso. Ciò che è certo è che, generalmente, quasi tutte hanno un effettivo bisogno di liquidità immediata». Quindi, la compensazione può essere utile. «Ma non da sola. Andrebbe consentita contestualmente all’erogazione di pagamenti liquidi».



Si parla, in tal senso, di sconto del credito. «Resta da capire se la banche accetteranno. L’unica possibilità è una moral suasion da parte del governo. Tuttavia, anche se dovessero accettere, bisogna vedere a quali condizioni. Non fanno di certo beneficienza. E il credito corrisposto in cambio di quello acquisito potrebbe avere un tasso di interesse decisamente superiore a quello di mercato». 

Oltretutto, dal momento in cui si attivano le procedure per la certificazione fino a quando il credito sarà effettivamente erogato, si calcola che passeranno almeno tre mesi. «Se si avesse la certezza di avere un rimborso liquido in questo arco di tempo – spiega Colangelo -, o anche solo una parte, sarebbe già un deciso passo avanti. Avere maggiori certezze sulle rate di rimborso sarebbe altamente auspicabile». In molti continuano a denunciare la distonia di uno Stato che, impunemente non paga i propri creditori mentre agisce senza pietà nell’esigere il pagamento dei propri crediti. «L’assimetria – conclude – è legata alla situazione dissestata delle finanze pubbliche. In condizioni normali, lo Stato non si comporrebbe così, ma rispetterebbe le regole». 

 

(Paolo Nessi)

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