Per Alessandro Besana l’iniziativa di FederlegnoArredo e Aslam per la costituzione di un nuovo Polo Formativo dei mestieri del Legno Arredo, che sarà avviata in Brianza dal 2013, è quasi indispensabile. «È un’ottima intuizione. Lei pensi che il settore produttivo del legno e dell’arredamento ha un valore enorme, estremamente importante in Italia. Eppure non esiste da noi una formazione, tanto meno una scuola di alta formazione per questo settore, quando è ovvio che richieda maestranze preparate, con un profilo professionale che deve essere continuamente aggiornato di fronte alle esigenze del mercato globale. E questo è incredibile, a pensarci bene».



Alessandro Besana è un imprenditore di Mariano Comense, con un’azienda di 70 dipendenti, che produce mobili e arredamenti. È anche lui un protagonista, un “nuovo” artefice, di una lunga tradizione imprenditoriale. I distretti del mobile e dell’arredamento in Italia ci sono un po’ ovunque, ma spiccano i distretti della Brianza, del Veneto, del Pesarese. Artigiani, poi imprenditori, che resistono alla crisi e che continuano a sfornare il meglio nel mondo in questo settore.



Spiega ancora Besana: «Lei calcoli che nel mondo le operazioni “contract” valgono una cifra di 50 miliardi di euro. Bene. Di questi in Italia ne viene meno dell’1%. E il paradosso è che tutti fanno queste commesse per alberghi, magari di Bali o di qualche altre parte del mondo, con mobili di ispirazione italiana. Almeno il 60% è di ispirazione italiana. Sembra un paradosso. È come se si vendessero nel mondo, al 60%, macchine ispirate dalla Fiat».

È il segno di un marchio “made in Italy” che è apprezzato in tutto il mondo.

È proprio così. Noi in Italia facciamo sempre finta di nulla, siamo tranquilli. Ma basta andare a Chiasso per comprendere che tutti vogliono il “made in Italy”, che amano questo stile, che in sintesi è costituito da design e qualità. Quindi la necessità di valorizzare questa tradizione è fondamentale per noi, sia per la crisi, sia per le questioni economiche e finanziarie che abbiamo di fronte.



Vi infastidisce questo cambio euro-dollaro?

Infastidisce? Diciamo piuttosto che ci rompe le scatole. Eravamo alla parità e oggi, quando ho visto il cambio a 1,29, ho tirato un sospiro di sollievo rispetto ai giorni precedenti. Ma ormai ci siamo abituati anche a questo. Certo i miei clienti di Miami, di altre zone d’America, mi dicono che non ho alzato i prezzi, ma a me questo costa il 30% in più.

Mi sta dicendo che, malgrado l’importanza, malgrado sia conosciuto nel mondo, nonostante la qualità dei prodotti, questo settore imprenditoriale è stato trascurato?

Non c’è neppure una formazione per questo tipo di lavoro. Guardi, per formare un lavoratore, un tecnico in un settore come il nostro ci vogliono almeno tre anni di lavoro in azienda. Non c’è nulla da fare. Il fatto che si costituisca un polo formativo per noi diventa fondamentale, perché inevitabilmente una buona scuola, con diversi livelli, riduce i tempi di formazione del personale. Si potrebbe ridurre la formazione in azienda a sei mesi e per noi sarebbe di estrema importanza.

 

Lavorate in una zona che ha ormai un’antica e radicata tradizione in questo settore produttivo.

 

È vero. Ma la tradizione di questo mestiere lentamente si sta perdendo e poi sono arrivati gli aggiornamenti dei processi produttivi e della tecnologia. Non si lavora più come una volta nelle aziende. È da tutto questo che diventa fondamentale una scuola di formazione.

 

Anche per quanto riguarda gli aspetti commerciali?

 

A volte penso al dipendente che preferisco: un giovane che esce dal liceo linguistico e poi sappia girare bene il mondo parlando bene le lingue. Altrimenti come potremmo andare avanti? In questo momento noi viviamo soprattutto, o forse, solo di export. Quindi noi abbiamo di fronte due aspetti fondamentali che solo un polo formativo ci può fornire: una buona professionalità per puntare sempre di più alla qualità, dei bravi tecnici competenti che girando per il mondo sappiano piazzare i nostri prodotti, quelli italiani, quelli veri, non quelli che solamente si ispirano ai mobili o agli arredamenti italiani.

 

L’obiettivo è quindi mantenere questa qualità e diventare più preparati sul mercato globale di fronte a una concorrenza agguerrita, soprattutto quella dei paesi che hanno un costo del lavoro basso.

 

Guardi, non le voglio parlare dei cinesi. Ma vorrei solo far comprendere che oggi noi dobbiamo competere sul mercato anche con spagnoli, portoghesi, polacchi, turchi, rumeni. Se non difendiamo la nostra qualità e il nostro “marchio”, con una buona preparazione, con maggiore competenza, non riusciremo a farcela.

 

(Gianluigi Da Rold)