Il pacchetto Ue per il salvataggio delle banche spagnole in difficoltà non basta a calmare i mercati. Ieri a finire sotto attacco è stata soprattutto l’Italia, con la Borsa di Milano come maglia nera e lo spread tra Btp e Bund tedeschi che ha raggiunto quota 486 punti prima di ritornare a scendere. Christine Lagarde, direttore del Fmi, ha affermato che rimangono “meno di tre mesi per salvare l’euro”. Per Richard Cooper, professore di Economia internazionale alla Harvard University, «i 100 miliardi di euro alle banche spagnole non sono sufficienti. Occorre una politica fiscale differente in grado di far uscire l’Europa dalla deflazione e un unico organismo di supervisione per tutte le banche del Vecchio Continente. La soluzione può essere solo politica, i governi non possono continuare a scaricare le loro responsabilità sulla Bce come hanno fatto finora».
Professor Cooper, cosa pensa del salvataggio delle banche spagnole?
Lo ritengo un passo importante, anche se in questo momento nessuno ne sa abbastanza per dire se sia davvero soddisfacente. Non si conoscono i dettagli sul modo in cui saranno utilizzati i 100 miliardi di euro messi a disposizione dall’Eurogruppo. Il modo in cui nei prossimi giorni i mercati reagiranno al salvataggio dipenderà dalla negoziazione che ne seguirà e da importanti dettagli sul modo in cui sarà attuata la ricapitalizzazione delle banche spagnole. L’accordo raggiunto assicura una somma di denaro sufficiente affinché la Spagna riesca a gestire il problema nella sua prima fase. Ma la vera partita è quella che si apre ora.
Quali altre incognite vede sul cammino europeo?
Tra una settimana si terranno le elezioni in Grecia, e diversi partiti in campagna elettorale hanno annunciato che rimetteranno in discussione gli impegni che il governo di Luca Papademos si è assunto per affrontare la crisi. E’ del tutto plausibile che dopo le elezioni ci saranno degli ulteriori problemi, tali da richiedere una nuova serie di decisioni da parte dall’Ue.
Obama e Bernanke hanno criticato diverse volte i vertici Ue. Perché gli Usa sono così preoccupati per le sorti del Vecchio Continente?
Quella europea è una parte molto importante dell’economia mondiale. La ripresa dalla crisi finanziaria globale è ancora fragile e gli americani sono preoccupati del fatto che se gli europei non saranno in grado di affrontare con successo la crisi dell’Eurozona, ciò condizionerà negativamente il mondo intero.
L’euro sopravvivrà alla crisi che sta attraversando?
Do per certo che l’euro continuerà a esistere. L’impegno europeo è troppo forte per permettere un fallimento della moneta unica. A prescindere dai dettagli, non riesco a pensare seriamente che l’Eurozona sia in pericolo. Questo non significa però che sia in grado di sopravvivere da sé: perché ciò avvenga c’è bisogno di un duro lavoro, e abbiamo visto che con l’emergere dei problemi gli europei stanno prendendo accordi perché ciò avvenga.
Lei quali soluzioni propone?
Occorre andare verso un sistema bancario di dimensioni europee. La crisi è l’occasione per intraprendere iniziative impossibili da realizzare quando tutto va bene. La mia proposta si compone quindi di due parti: da un lato il sostegno Ue alle banche in difficoltà, dall’altra una supervisione congiunta nei confronti di tutti gli istituti di credito europei. Il Vecchio Continente sta andando verso una direzione molto diversa da quella cui era avviato un anno fa. Mentre la crisi evolve, si incontrano nuovi problemi e vengono in mente soluzioni sempre diverse.
Intanto si discute anche di eurobond …
Non possiamo pensare agli eurobond senza un organismo di supervisione per stabilire quanti ne saranno emessi e a quali condizioni. Quello verso cui i Paesi europei si stanno inoltrando è quindi un nuovo territorio cui dovranno abituarsi.
La Bce dovrebbe avere maggiori poteri e iniziare a stampare denaro come la Fed?
E’ una domanda per me incomprensibile, in quanto è evidente che la Bce ha già poteri molto ampi e ha perseguito una politica monetaria espansiva. La Fed non ha stampato denaro, ma si è limitata più modestamente ad adottare la stessa politica espansiva della Bce, come era del resto auspicabile nell’attuale situazione. Il vero problema è un altro.
Cioè?
Come ha spiegato giustamente lo stesso Mario Draghi, le decisioni sono di natura politica e in ultima istanza spettano ai governi e non alla banca centrale. Quest’ultima può essere uno strumento utile, ma non può rappresentare una soluzione per le difficoltà di fondo.
Per quale motivo?
Lo abbiamo visto durante l’ultimo governo Berlusconi: l’atteggiamento troppo aggressivo della Bce nei confronti dell’Italia, ha fatto sì che paradossalmente il governo di Roma si rilassasse. La verità è che nessuna banca centrale al mondo può assumersi le responsabilità che spettano al governo.
A quali responsabilità si riferisce?
L’Europa sta attraversando una deflazione dagli effetti devastanti, che non si sconfigge soltanto con una politica monetaria più espansiva, ma anche con una politica fiscale differente. Il vero errore di fondo comunque resta quello di pensare che l’attuale crisi europea possa essere superata continuando a limitare l’inflazione.
(Pietro Vernizzi)