Volete sapere nel mondo dell’economia reale qual è la produzione che rappresenta uno dei termometri più sicuri dello stato della crisi? Quando si preparano gli uffici e i relativi arredamenti, con mobili, magari semplici, e scrivanie, le cose in genere vanno bene. Quando gli uffici chiudono e non si acquistano più gli arredamenti, magari vengono portati via come gli “scatoloni” nella famosa fotografia del fallimento di Lehman Brothers, vuole dire che le cose non vanno affatto bene. Alberto De Zan è il titolare della Dieffebi di Conegliano ed è il presidente di Assufficio, cioè proprio il settore che cura l’arredamento degli uffici. De Zan conosce bene quindi questa situazione, che vive in prima persona come imprenditore, ma anche come presidente di un’associazione di imprese. Risponde subito, senza giri di parole, rispetto alla crisi che stiamo vivendo: «Non c’è nulla da fare è il settore di questa filiera che è più in difficoltà. Io sono diventato presidente di Assufficio nel 2008 e quindi ho visto proprio lo svilupparsi in questi anni della crisi. Ora, il mercato interno, quello italiano soffre di più, ma la crisi è generalizzata. Tenga conto di tutte le banche, le finanziarie, gli uffici di consulenza che sono andati in crisi dopo il 2008. Lì ci sono stati i maggiori ridimensionamenti, oppure le inevitabili chiusure. Quindi era quasi scontato che noi fossimo uno dei settori più colpiti».



Vale anche per l’export?

Sì, vale anche per l’export in questo momento, ma non come per il mercato italiano, che soffre di più. E per questo posso dire che si va avanti, perché io faccio il 65% di export nel mio fatturato. In alcuni periodi ero arrivato all’80%.

La sua azienda fa pensare a una di quelle classiche imprese che lavorano per arredare gli uffici della Pubblica amministrazione.



Al contrario, io con la Pubblica amministrazione non lavoro. È stata una scelta. Noi siamo nati come azienda nel 1976 e abbiamo cinquanta dipendenti, ma abbiamo sempre guardato altrove. Conosco molti imprenditori che lavorano con l’amministrazione pubblica, che significa anche Asl, enti locali, scuole e via dicendo. Sono certamente in un momento di sofferenza per i ritardi nei pagamenti, ma occorre non generalizzare sempre. Ci sono situazioni di grande ritardo di pagamenti nel Sud e nel Centro. Posso dire che la situazione nel Nord è più virtuosa. Devo però anche aggiungere che questa situazione di crisi comporta un aumento degli “insoluti” anche tra i privati. Questo è il ritratto del problema complessivo.



Poi c’è da considerare, anche in questo momento di crisi, la pressione fiscale.

È indubbiamente elevata. Ma quello che spiace di più, mi creda, è che di fronte a questa pressione fiscale così elevata, non c’è un ritorno in servizi che vale quello che si paga. È questo il fatto più fastidioso. Ma non è il solo.

Quale altro?

Il problema della burocrazia, abnorme, mastodontico. Quello è veramente un freno allo sviluppo e alla crescita delle imprese e del Paese. Il costo di questa burocrazia è altissimo oltre a essere di intralcio allo sviluppo. Non esiste alcun rapporto fiduciario tra le imprese e questa burocrazia, quando invece una maggiore fiducia risolverebbe un sacco di problemi. Qui bisognerebbe far comprendere che proprio una maggiore fiducia sarebbe indispensabile per le aziende, per portarle a reinvestire, a fare nuovi investimenti.

 

Tocchiamo un altro argomento, quello del credito, e quindi del rapporto con le banche. Come va in questo momento?

 

Questo è diventato un altro grande problema, non c’è dubbio. Diciamo pure che dall’inizio della grande crisi, pensiamo al 2009 come punto di partenza, non tanto al 2008, è come se si fosse spezzato un antico rapporto, si è modificato tutto. Si è modificato soprattutto l’atteggiamento del mondo bancario nei nostri confronti. Ad esempio, i crediti a medio e lungo termine, quelli che sono più necessari all’impresa, sono venuti a mancare. Sono diventati inaccessibili. Ma io vorrei sottolineare e insistere su quello che era il rapporto tra le imprese e le banche che si era costruito in anni di lavoro, di valutazione, di garanzie, di reciproco rispetto. Un autentico patrimonio di collaborazione. Bene tutto questo è cambiato. E questo è oggi un grande problema per le imprese.

 

Scusi quest’ultima domanda: come vede il futuro, che tipo di soluzioni vede in questo momento?

 

Siamo in un momento veramente difficile. Siamo in una tempesta, in una recessione piena. Guardi, il tracollo c’è stato nel 2009, poi una piccola ripresa nel 2010, subito dimenticata nel 2011. E ora il 2012 non è affatto cominciato bene, anzi per niente bene. Anche noi, per carità, dobbiamo rivedere i nostri processi produttivi. Abbiamo operato una riduzione dei costi. Ma è difficile, con tutta la scala di problemi che abbiamo messo sul tappeto in questa conversazione, fare una previsione per il futuro.

 

(Gianluigi Da Rold)