Impatto ambientale prossimo allo zero, ecosostenibilità e una profonda etica della responsabilità. Parole chiave che Valcucine ha scelto di far proprie fin dalla nascita, avvenuta trent’anni fa, riuscendo poi a coniugarle con una garanzia di indiscussa alta qualità del prodotto. L’azienda ha fin da subito progettato e immaginato nuove soluzioni tecniche e nuovi utilizzi per materiali riciclabili al 100%. Ma il riciclaggio in sé può presentare comunque dei limiti: costi ambientali, basso rendimento e bassa qualità. Allora, successivamente, l’azienda ha scelto di impegnarsi sul cosiddetto processo di dematerializzazione, una riduzione “intelligente” nell’impiego dei materiali per intervenire a monte sullo sfruttamento delle risorse. Come spiega a IlSussidiario.net anche il presidente di Valcucine, Gabriele Centazzo, dopo anni di lavoro l’azienda è arrivata a garantire il ritiro e lo smaltimento dei componenti al termine del loro ciclo di vita: in poche parole, quindi, si assume la responsabilità dello smaltimento dei componenti che, progettati per essere facilmente smontati e ricondizionati, potranno un domani essere anche usati per altri nuovi prodotti.
Cosa significa davvero arrivare a un prodotto ecosostenibile?
Il primo aspetto fondamentale è una profonda conoscenza di queste tematiche, che deve essere seguita dalla ricerca e dall’innovazione. Ancora oggi non esiste una reale coscienza ambientale e proprio per questo siamo consapevoli che chi acquista le nostre cucine non lo fa solo perché andiamo incontro all’ambiente. Però, se un’azienda applica realmente i principi dell’ecosostenibilità, tutti i progetti che nascono presentano dei contenuti forti, premiati poi dal pubblico sia perché sono a basso impatto ambientale, ma anche perché propongono idee estremamente innovative.
Per esempio?
Seguendo da 30 anni il processo di dematerializzazione abbiamo per esempio realizzato l’anta più sottile al mondo che resiste molto più di un’anta tradizionale. Abbiamo inoltre dematerializzato il fusto contenitore delle cucine grazie a un foglio di vetro spesso solamente 10 millimetri. Tutto questo ci ha permesso di identificarci come una delle aziende di cucine più innovative al mondo.
Cucine assemblate con materiali riciclabili al 100% e riutilizzabili.
Partendo da un serio progetto e studiando ogni singola vite che compone la cucina abbiamo realizzato dei prodotti che a fine vita vengono facilmente disassemblati e che ci impegniamo a ritirare e a riutilizzare con una garanzia di responsabilità a vita.
Questo non comporta un costo maggiore per l’azienda?
La cucina è stata progettata in modo tale che i costi del ritiro e del disassemblaggio vengano coperti dal ricavo che si ottiene dal riutilizzo degli stessi elementi. Questo processo è migliore del riciclo, in cui prima di poter riutilizzare l’elemento è necessario farlo tornare a materia prima. Sono queste operazioni che vanno a chiudere il cerchio e che permettono all’azienda di essere ecologica non al 100%, cosa quasi impossibile, ma quasi, visto che riusciamo a generare zero rifiuti.
Questo vi rende unici sul mercato?
Siamo gli unici sul mercato a farlo veramente. Esiste una normativa di legge che stabilisce quando un’azienda può utilizzare la parola “ecologico” e tutto è ormai diventato “verde” e “riciclabile”, ma sono dell’idea che questo avviene veramente solo quando ci si prende l’impegno di portare a termine l’intera operazione. E per farlo il prodotto deve realmente essere stato progettato per poter essere riciclato e riutilizzato.
In che modo intendete migliorarvi ulteriormente?
Da un punto di vista progettuale, adesso che siamo arrivati a chiudere il cerchio vogliamo perfezionare questo sistema di garanzia e progettare dei prodotti il cui riutilizzo non solo permette di coprire i costi del ritiro, ma che fa anche guadagnare. Ottenere dunque un guadagno proprio basandosi su questa etica della responsabilità.
Progetti per il futuro?
Questa azienda ha da sempre un’attenzione particolare al tema della bellezza e su questo lavoriamo, organizziamo convegni e incontriamo scuole e giovani proprio perché l’Italia possa recuperare questa visione che sembra aver perso insieme a una vera capacità artigianale. Il nostro Paese ha una grande sapienza artigianale che sta velocemente morendo perché con la globalizzazione le botteghe non hanno la capacità di commercializzare il loro prodotto in tutto il mondo.
A che tipo di soluzione avete pensato?
E’ necessaria una collaborazione tra gli artigiani e l’industria: per questo lanciamo una cucina in cui abbiamo recuperato dettagli di intaglio e intarsio con possibilità di personalizzazione. Questi lavori sono svolti proprio da un artigiano che possiede una piccola bottega in un paesino di montagna. In questo modo la sua sapienza artigianale, tramite la nostra azienda, può essere realmente conosciuta in tutto il mondo.
(Claudio Perlini)