Gli spread sono ben oltre i livelli di guardia e continuano ad aumentare, mentre il fondo che dovrebbe tagliarli al superamento di una certa soglia è in standby. E ci resterà parecchio. Fino a quando la Corte costituzionale tedesca non si pronuncerà circa la legittimità dello strumento. Potrebbero tranquillamente passare mesi. Nel frattempo, si fa sempre più largo l’ipotesi di dar vita ad una sorta di spending review bis. Un piano B, da varare ad agosto, consistente in 6 miliardi di tagli. 4 di agevolazioni fiscali e 2 di aiuti diretti imprese. L’economista Francesco Giavazzi, nel suo dossier presentato a Palazzo Chigi, ha addirittura ipotizzato un taglio di dieci miliardi di aiuti al tessuto produttivo italiano da riversare nell’abbassamento delle tasse. Marco Cobianchi giornalista finanziario, spiega a ilSussidiario.net perché il provvedimento è destinato a non sortire particolari effetti. «Due miliardi di tagli rappresentano il “minimo sindacale” – spiega -. Anche in tal caso, infatti, il governo Monti si è dimostrato estremamente timido. L’obiettivo di fondo, infatti, per quanto, estremamente difficile, se non, addirittura, impossibile, dovrebbe essere l’abolizione totale di tutti i sussidi. Al fine di eliminare l’Irap. Direi che siamo piuttosto distanti dal centrare il bersaglio». Per il momento, quindi, secondo Cobianchi, «si tratta di un semplice taglio». Che, tuttavia, non dovrebbe turbare la stabilità delle imprese italiane, né inasprire la fase recessiva come in molti temono. «Scrivendo Mani bucate (Edizioni Chiareletter), ho avuto modo di constatare come grande parte di questi sussidi rappresentino sprechi e soldi buttati via; spesso, oltretutto, ne usufruiscono imprese del sud in mano alle varie mafie». Non solo: «in genere, le imprese migliori non godono di aiuti; ne godono le peggiori che fanno, quindi, concorrenza alle prime avvalendosi dei soldi dello Stato, danneggiandole».  Oltre ai sussidi erogati dallo Stato per salvare le imprese e a quelli automatici, destinati alle aziende del meridione, l’esistenza di un terzo tipo di aiuti lascia intendere come il sistema sia completamente fallato: «ci sono anche i finanziamenti che dovrebbero essere legati, in linea del tutto teorica, alla presentazione di progetti industriali; normalmente, tuttavia, accade che gran parte di questi siano fasulli e vengano proposti e approvati secondo logiche meramente clientelari, con l’unico scopo di servire a finanziare la cattiva industria e la cattiva politica. Ho visto decine di presidenti di Provincia e di Regione presentare dei progetti al ministero dello Sviluppo economico pur sapendo benissimo che si trattava di piani economicamente e imprenditorialmente privi di efficacia». Di conseguenza: «tagliare i sussidi, fa bene alle imprese meritevoli». Resta da capire se i sei miliardi saranno sufficienti a rassicurare i mercati. «Evidentemente, no. Siamo in una situazione tale che neanche – per assurdo – se non pagassimo le pensioni per un anno si rassicurerebbero». 



Solo due strade ci riuscirebbero: «dovremmo varare una serie di misure realmente rivoluzionarie,  quali l’eliminazione del valor legale del titolo di studio o la chiusura delle università non produttive; temo, tuttavia, che sia troppo tardi e che questo governo non disporrà del coraggio sufficiente. Oppure, non resta da sperare che si modifichi lo statuto della Bce in modo che possa finalmente fungere da prestatore di ultima istanza. Attualmente, siamo di fronte, quindi, ad un rebus senza soluzione». Quindi? Che fare, per lo meno, di quei sei miliardi? «Se fossimo costretti a scegliere, non è escluso che, invece che scongiurare l’aumento dell’Iva sarebbe più utile utilizzare quelle risorse per abbassare il costo del lavoro. Sta di fatto che, con lo spread a 500, tali misure varranno a ben poco». 



 

(Paolo Nessi)

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