Controindicazioni sull’Iva per cassa prevista per le imprese con fatturato non superiore ai 2 milioni di euro. La novità che potrebbe arrivare con il decreto sviluppo, non soltanto presenta profili di incompatibilità comunitaria, nella parte in cui collega il diritto alla detrazione del cessionario-acquirente all’effettuazione dell’operazione prescindendo dal pagamento della fattura. Ma rischia anche di causare seri squilibri finanziari illudendo le imprese acquirenti di disporre di risorse, quelle derivanti dalla possibilità di detrarre l’Iva, che in realtà non hanno perché non hanno ancora pagato il cedente-prestatore di beni-servizi. C’è da sperare dunque che l’emendamento al dl 83/2012 non venga approvato oggi dalla Camera. Almeno non così come è stato formulato. A descriverne i nodi irrisolti è Paolo Costanzo, commercialista presso lo Studio di consulenza aziendale Costanzo&Associati.
Facciamo un passo indietro: ora come si regolano le imprese sul pagamento dell’Iva?
Oggi il momento impositivo sulle cessioni di beni è dato dalla consegna: quando il cedente emette la fattura contestualmente applica l’Iva, trovandosi così con un debito Iva dal momento dell’emissione che va liquidato il mese successivo (o tre mesi dopo in caso di trimestrali). Mentre il cessionario, cioè chi acquista il bene, sempre contestualmente al momento dell’emissione della fattura, può detrarre l’Iva. Questo per quanto riguarda le cessioni di beni. Mentre, per quanto riguarda le prestazioni di servizi, l’articolo 6 del dpr 633, la norma che disciplina l’Iva, dice che il momento impositivo è rapprensentato o dall’emissione della fattura o dal pagamento. Tant’è che molti professionisti, per evitare di anticipare l’Iva, emettono una nota pro forma in cui addebitano l’onorario ed emettono la fattura soltanto al momento in cui ricevono il pagamento.
E quale è il problema che il nuovo regime dell’Iva per cassa vuole risolvere?
Il problema è costituito dal fatto che oggi il cedente-prestatore emette una fattura (poniamo di 100) comprendente anche l’Iva (quindi la fattura è di 100+20, anzi 21) ma, non avendo ancora incassato dal cliente il pagamento (perché si è ancora dentro i termini consentiti di 60 giorni), deve comunque versare allo stato i 21 di Iva che ha messo in fattura. Quindi il cedente deve anticipare allo Stato il pagamento di un’Iva che paradossalmente non ha ancora incassato. E questo è un problema, a maggior ragione in una fase, com’è l’attuale, in cui ci sono molte aziende insolventi o che non riescono a rispettare i termini di pagamento.
L’emendamento cosa cambia?
L’emendamento estende alle imprese con fatturato non superiore ai 2 milioni di euro la possibilità, finora prevista solo per quelle con volumi d’affari inferiori ai 200mila euro, di pagare l’Iva allo Stato secondo il cosiddetto principio “per cassa”, ossia non appena vengono pagate dai cessionari-acquirenti, risolvendo il problema di cui sopra.
Dove nasce, invece, il problema di incompatibilità con la normativa comunitaria?
Il problema vero è che l’emendamento continua a consentire al cessionario-acquirente di detrarre l’Iva al momento di effettuazione dell’operazione, indipendentemente dal pagamento, ledendo così il principio di simmetria tra versamento e detrazione in violazione dei principi Ue (direttiva “Iva” 2006/112/Ce e direttiva 2010/45/Ue). Il tema dunque in discussione è quello di permettere la detraibilità da parte del cessionario-acquirente solo dal momento in cui paga il cedente.
Dunque, mi faccia vedere se ho ben capito: con la normativa vigente c’è simmetria perché il cedente paga l’Iva allo Stato indipendentemente dall’incasso dal proprio cliente, mentre il cliente la detrae indipendentemente dal pagamento effettuato, il che porta a pareggiare le voci di bilancio per lo Stato. Con un’“ingiustizia” evidente per il cedente. Mentre l’adeguamento alle indicazioni che provengono dalla normativa comunitaria in materia di Iva conserverebbe il rispetto della simmetria perché si posticiperebbe per il cedente il versamento dell’Iva al momento in cui è effettivamente pagato dal cessionario, evitando così di danneggiarlo laddove non riceva il pagamento; ma contestualmente si consentirebbe all’acquirente di detrarre l’Iva solo dal momento in cui paga il cedente, conservando così la simmetria finanziaria. L’emendamento oggi all’esame invece si ferma, per così dire “a metà strada”…
Esatto, generando squilibri finanziari per lo stato. Perché il cedente non paga l’Iva fino all’incasso mentre il cessionario potrebbe ancora detrarla indipendentemente dal fatto che abbia pagata o meno il cessionario. In definitiva, l’emendamento introduce un cambiamento positivo per il cedente che può pagare l’Iva quando effettivamente la incassa, e una situazione negativa per il cessionario che ha sì il vantaggio di detrarre l’Iva indipendentemente dal fatto che abbia pagato o meno il cessionario, però incappando in problemi finanziari perchè pensa di poter far conto su risorse che di fatto non ha, perché deve ancora pagare.
Fosse seduto in aula alla Camera, lei cosa farebbe?
Credo che sarebbe opportuno, sia per ragioni di equilibrio finanziario dell’impresa sia per ragioni di compatibilità comunitaria, non introdurre questo emendamento. Sono perché l’Iva sia detraibile soltanto nei momenti in cui i pagamenti vengono effettuati.
(Matteo Rigamonti)