Investitori tedeschi sempre più tentati dall’acquisto di Unicredit e Finmeccanica. Se ne parla da circa due mesi, e le trattative tra Siemens e l’industria italiana leader nel settore bellico per Ansaldo Energia sarebbero già state avviate. L’elevato differenziale tra Btp e Bund favorirebbe l’ingresso dei tedeschi nelle imprese che rappresentano i gioielli di famiglia dell’Italia. Su questo tema ilsussidiario.net ha intervistato il giornalista economico Gianni Gambarotta.
Come commenta le voci sempre più insistenti su un acquisto di Unicredit e Finmeccanica da parte di Berlino?
In primo luogo, è del tutto verosimile che ci siano azionisti tedeschi pronti a comprare azioni di Unicredit. Nonostante le difficoltà in cui versa l’Italia, rimane un Paese centrale e decisivo. Possedere la prima o seconda banca del Paese ha quindi una particolare importanza. Per quanto riguarda Finmeccanica, invece, ci sono già delle trattative con Siemens per Ansaldo Energia. D’altra parte l’Europa aveva già chiesto al governo italiano di attenuare gli ostacoli per chi vuole comprare in borsa azioni delle aziende ritenute strategiche dallo Stato.
Per quale motivo Unicredit non può restare in mani italiane?
Unicredit deve ricapitalizzarsi, e se non riesce a farlo da sola dovrà chiedere aiuto all’azionista straniero. E’ un po’ come l’operazione di Massimo Moratti, che ha fatto entrare gli azionisti cinesi nell’Inter.
E Finmeccanica?
Finmeccanica a sua volta ha dei problemi di non poco conto, perché ha una situazione di grave indebitamento e quindi deve fare cassa in qualche modo. Vendendo la parte relativa all’energia (Ansaldo energia), può riuscire a ottenere liquidità e ridurre il suo indebitamento. La soluzione ottimale può essere quella di concentrarsi sulla parte bellica, che può consentire all’azienda italiana di salvarsi.
Il differenziale Btp/Bund favorisce la svendita dei gioielli italiani …
E’ l’ennesima conferma del motto “Vae victis”, “Guai ai vinti”. La situazione in cui si trova l’Italia non le consente di porre delle condizioni, e non potendo alzare delle barriere per difendere ciò che resta della nostra industria, è probabile che quest’ultima le sarà portata via. La prospettiva è molto preoccupante, ma è ciò che avverrà con ogni probabilità. Si profila un piccolo Britannia bis, sul modello delle svendite avviate da Romano Prodi sul panfilo reale inglese nel 1993.
Quali saranno le conseguenze per la nostra economia?
Unicredit non è un’impresa pubblica, ma a disposizione del mercato, e dunque chiunque vuole può acquistarne le azioni. Se lo hanno fatto i libici, non c’è nulla di cui scandalizzarsi se lo faranno anche i tedeschi. L’aspetto forse più sensibile è quello relativo a Finmeccanica, che appartiene per il 30% allo Stato. Ma l’aspetto più preoccupante è in realtà un altro.
Quale?
Il mio timore è che le imprese straniere mirino all’Eni, perché Ansaldo Energia è in costante perdita. Eni è l’unica società italiana con una presenza all’estero ancora significativa, ed è ciò che resta della nostra politica internazionale. Se dovesse cadere sotto un “principe straniero”, perderemmo anche la possibilità di una politica di questo tipo e diventeremmo sempre più marginali. Non dimentichiamoci che l’Eni ha contratti significativi in diversi Paesi del mondo.
Fino a che punto è reale il rischio di perdere l’Eni?
Se diventerà necessario ridurre il debito pubblico e l’Italia si troverà costretta a chiedere aiuto all’Ue, non basterà vendere le caserme e le scuole. Gli investitori ci chiederanno di cedere l’argenteria, che è appunto rappresentata da Eni, Finmeccanica e Ansaldo Energia.
A che diritto la Germania, mentre impone l’austerity all’Italia e agli altri Paesi europei, gioca sullo spread per acquistare i nostri gioielli di famiglia?
Occorre distinguere tra i diversi attori in gioco. Da un lato c’è il governo tedesco che impone agli altri Paesi dell’Unione europea certe politiche di rigore. Dall’altra ci sono dei capitalisti privati, sempre tedeschi, che approfittando del fatto che possono finanziarsi a costo zero, comprano quello che ritengono essere interessante per loro. La situazione di difficoltà in cui versa l’Italia favorisce infatti questi investimenti.
In che modo l’Italia può rispondere alle mosse tedesche?
In nessun modo. Ci troviamo in una situazione di debolezza e non possiamo uscirne. Del resto non è la prima volta che ciò avviene. Nel 1975, quando attraversavamo una crisi molto grave, il nostro Paese chiese un prestito alla Germania che glielo concesse in cambio di una garanzia in oro.
(Pietro Vernizzi)