Alla lettura dei dati macroeconomici pubblicati ieri dall’Istat non ho potuto non provare quella strana amarezza che si avverte quando si ha la conferma di avere avuto ragione troppo presto. A fine 2011, su queste pagine, avevo scritto, sulla base del mio rozzo modellaccio econometrico, che nell’anno in corso la contrazione dell’economia italiana sarebbe stata del 3%. Le stime Istat di ieri parlano del 2,6%; è verosimile che in novembre il preconsuntivo parli del 2,8% o di qualcosa molto simile al 3%. Non c’è da stare allegri. Dal 2008, l’Italia ha perso quasi dieci punti percentuali di Pil. Come cambiare rotta ed evitare di diventare tutti più poveri? Ecco i tre punti che dovranno guidarci nei prossimi mesi.



Ridurre lo stock di debito pubblico Il fardello è tale che riduce la crescita effettiva di un punto percentuale l’anno. A fronte di stime della crescita potenziale sull’1,3-1,5% l’anno a ragione del profilo demografico e della vecchiaia dell’apparato produttivo, se non tagliamo il debito, siamo condannati a recessione perenne. Sono stati formulati una mezza dozzina di programmi di misure straordinarie; uno ne dovrebbe venire tra breve dal Cnel. “Chi non corre è perduto”, come diceva la Regina di Cuori ad Alice nel Paese delle Meraviglie.



Ridurre la pressione tributaria Ogni giorno leggiamo di aziende che si trasferiscono non in Romania o in Vietnam, ma in Svizzera, Francia e Germania per scappare dall’oppressione fiscale. Fuggono anche gli individui: oltre 10mila giovani laureati e brillanti lavorano all’estero perché hanno migliori opportunità e le loro buste paga sono meno falcidiate. Se ne vanno anche i pensionati benestanti. Quelli dell’Inps o delle Casse professionali basta che prendano la residenza all’estero (l’Austria è uno dei paesi favoriti). Quelli dell’Inpdap devono prendere la cittadinanza estera; alcuni lo stanno facendo. Rischiamo di diventare un Paese di vecchi poveri. La spending review non morde ancora abbastanza per ridurre spesa e tasse.



Liberalizzare il più possibile Ogni settimana un noto quotidiano economico pubblica il triste elenco delle misure applicative dei decreti Cresci-Italia e simili che sono ancora di là da venire. Occorre non solo muoversi rapidamente, ma fare molto di più in tanti campi (dai servizi pubblici locali, ai taxi, alle rivendite dei giornali, alle farmacie).

Si dirà che proprio il dibattito in Parlamento sul Cresci-Italia ha mostrato quando sia difficile opporsi alle lobby. E come ai nuovi programmi di privatizzazione (presenti in tutte le proposte “tagliadebito”) si faccia l’obiezione che nelle condizioni attuali dei mercati c’è il rischio di svendere. Ma, quali sono le alternative che si propongono di fronte al pericolo che una recessione diventi una depressione di lunga durata?

Sono indubbiamente misure difficili da adottare alla fine di una legislatura, con i parlamentari che contano i potenziali voti. Ma, se non abbiamo un sussulto di coraggio adesso, non possiamo pensare di averlo quel domani che sarà comunque un altro giorno.