Il fatturato dell’industria italiana aumenta dell’1,2% rispetto al mese precedente, ma scende del 2,4% su base trimestrale e crolla del 5,3% rispetto a un anno prima. E’ quanto emerge dagli ultimi dati Istat relativi a luglio, secondo cui i valori tendenziali (cioè rispetto al luglio 2011) diminuiscono del 9,1% sul mercato interno e aumentano del 2,6% su quello estero. Situazione analoga per gli ordinativi, che registrano una crescita congiunturale (cioè rispetto al mese prima) del 2,9%, un aumento trimestrale dell’1,1% ma un calo tendenziale del 4,9%. Per capire meglio questi dati,ilsussidiario.net ha intervistato Gianluca Femminis, professore di Economia politica all’Università Cattolica.
Come valuta l’apparente contraddizione tra l’aumento rispetto al mese prima e il calo su base annuale?
E’ difficile dire se il miglioramento di luglio rispetto a giugno sia un raggio di luce, o piuttosto un’illusione. Si dice che una rondine non fa primavera, e io tenderei a essere ancora moderatamente pessimista. Soprattutto in Cina si assiste a un rallentamento ancora in corso. Nel mondo anglosassone, e in particolare negli Usa, la situazione è forse ancora migliore rispetto a quanto ci si aspettasse due mesi fa. E’ presto però per dire che il peggio è passato.
Fino a che punto la crescita del mercato estero è ancora in grado di reggere il calo di quello interno?
L’export per un Paese manifatturiero come l’Italia è importante, e i segnali sono positivi non solo dal punto di vista quantitativo, ma perché ci segnalano anche la capacità di un sistema produttivo di tenere il mercato. Finché non si chiariscono le prospettive per la Cina, il mercato estero non può però rappresentare un traino. D’altra parte la depressione del mercato interno è un prezzo che dobbiamo pagare per il rientro della finanza pubblica in standard più accettabili.
Che cosa ne pensa del fatto che il calo riguarda anche gli ordinativi, che su base annuale perdono il 4,9%, e non solo il fatturato?
Il calo degli ordinativi giustifica il mio moderato pessimismo. Si tratta di un indicatore di ciò che avverrà nel futuro più immediato, e ciò si ricollega al fatto che è forse presto per dire che il peggio sia passato.
C’è anche un problema di ritardo nei pagamenti?
Ci sono diverse situazioni, da un lato imprese che fatturano senza incassare, dall’altra aziende che essendo in condizioni finanziarie ancora più negative evitano di fatturare. I due elementi non vanno quindi sovrapposti, il fatturato non dipende solo dai pagamenti ma dall’economia reale.
Come valuta invece la situazione della nostra produttività?
I dati sulla produttività sono in parte falsati dal fatto che le imprese italiane, sia per convenienza, sia per i vincoli amministrativi e istituzionali, trattengono lavoro. Nel momento in cui il prodotto diminuisce le imprese licenziano meno di quanto sarebbe ottimale fare sulla base di una considerazione sulla sola produzione corrente. Ciò fa sì che i dati sulla produttività segnino un peggioramento, in quanto le imprese producono meno trattenendo lavoro e quindi il prodotto per lavoratore diminuisce.
Il governo ha promesso un decreto sviluppo bis che tarda ad arrivare. Che cosa dovrebbe fare secondo lei?
Dal punto di vista della possibilità di cambiare la politica di spesa, o forse più sensatamente di ridurre la pressione fiscale, è chiaro che i margini di manovra del governo sono limitatissimi. Il calo di tensione sullo spread a dieci anni e a 12/24 mesi è stato pagato con una linea di politica economica tale da soddisfare i requisiti che potrebbero essere richiesti dalla Bce o dalla troika. Dal punto di vista della politica di bilancio c’è poco da fare, perché andremmo a mettere in discussione alcuni risultati molto importanti conseguiti grazie anche al contesto internazionale, e in particolare ai rapporti tra Bce, Bundesbank e governo tedesco.
Quindi non esiste un’alternativa a quanto sta facendo il governo Monti?
Le possibilità per uscire dalla crisi ci sono, ma non sono percorribili a breve. Una dismissione parziale del patrimonio pubblico va fatta lentamente, perché non deve essere una svendita. Occorrono inoltre misure di stimolo alla produttività. Ma in entrambi i casi è necessaria una legislatura, non si tratta di provvedimenti che possono essere introdotti nell’ultimo scampolo del mandato.
(Pietro Vernizzi)