Un segnale preoccupante arriva per le imprese italiane. Se fino a oggi, complice la stretta fiscale e la crisi, il mercato interno non è riuscito a garantire una domanda tale da soddisfare l’offerta, c’era comunque l’export ad assicurare ordini e produzione. Ma qualcosa sta cambiando nelle vendite oltre i confini: e in peggio. Il Centro Studi & Cultura di Ucimu, l’Associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, ha infatti diffuso i dati sull’indice degli ordini relativi al quarto trimestre 2012. In valore assoluto, si registra un incremento dell’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2012, con l’indice che arriva a 96,6. Ottimo il balzo degli ordini interni, che fanno segnare un +38,8%, anche se il valore assoluto a 85,9 mostra che ancora ci si trova a livelli decisamente bassi. Preoccupante è il calo del 4,3% per gli ordini dall’estero, anche perché da tre trimestri consecutivi si registra un trend in decrescita. L’indice resta alto, a 102,5, ma per le imprese italiane del settore diventa più difficile guardare al futuro con ottimismo. Tanto più che su base annua l’indice generale segna un arretramento del 4,8% rispetto alla media del 2011. Questo per colpa del calo della domanda straniera (-5,3%) e per una raccolta ordini sul mercato italiano cresciuta solo del 2%.



Luigi Galdabini, Presidente di Ucimu, è quindi molto preoccupato, perché questi dati sembrano mostrare “un raffreddamento della disponibilità a investire da parte dei principali mercati di sbocco del made in Italy”. Per questo Galdabini fa un appello al mondo politico: “A fronte dell’inasprimento delle condizioni del contesto occorre che chi si appresta a governare il paese consideri la centralità del sistema industriale italiano che, grazie alle Pmi, garantisce oggi occupazione per centinaia di migliaia di famiglie”. Per questo,  in linea con quanto richiesto dalla stessa Confindustria, chiede “che le imprese siano facilitate nel processo di crescita e sviluppo poiché senza sviluppo il Paese rischia di avvitarsi su se stesso”.



In questo senso ci sono delle proposte chiare, elaborate dall’Ucimu, di cui in parte vi abbiamo parlato già su queste pagine: riduzione dell’Irap per sostenere le imprese che esportano; introduzione di un bonus fiscale per i processi di aggregazione e fusione tra le aziende aventi obiettivi comuni; attività di controllo dei prodotti in ingresso alle dogane.

Infine, dato che gli investimenti in beni strumentali sono in continua riduzione nel nostro Paese (“sinonimo di arretramento tecnologico e inevitabile perdita di competitività del sistema economico italiano rispetto ai competitors stranieri”, ricorda Galdabini) occorre una detassazione totale degli utili reinvestiti in beni tecnologicamente avanzati e la liberalizzazione delle quote di ammortamento oltre a bonus fiscali per chi investe in innovazione di prodotto e processo, tutti provvedimenti funzionali a rimettere in moto il manifatturiero del paese del quale lo stesso non può fare a meno.