Dal 2007 la produzione industriale ha perso il 25%, il tasso di disoccupazione è raddoppiato, il reddito per abitante è tornato ai livelli del 1997 ed è sempre più alto il rischio di distruzione della nostra base industriale. A lanciare l’allarme è il leader di Confindustria Giorgio Squinzi, presentando il documento programmatico “Crescere si può, si deve” agli schieramenti politici attualmente impegnati nella campagna elettorale. “Se non si mette mano a una svolta precisa – ha spiegato – ci sarà solo il declino e il futuro delle imprese e dei giovani sarà davvero preoccupante. Serve una terapia d’urto, è un imperativo categorico, ma l’obiettivo è raggiungibile”. Confindustria avanza quindi diverse proposte per “riconquistare la crescita, creare lavoro, riconoscere e riaffermare la centralità delle imprese e restituire ai giovani un futuro di progresso”, attraverso cui, assicurano da viale dell’Astronomia, sarà possibile veder crescere il tasso di crescita al 3%, mentre il Pil aumenterà in cinque anni di 156 miliardi di euro (al netto dell’inflazione), +2.617 euro per abitante. Inoltre, l’occupazione si espanderà di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione salirà al 60,6% nel 2018 dal 56,4% del 2013 e il tasso di disoccupazione scenderà all’8,4% dal 12,3% atteso per il 2014. IlSussidiario.net ha analizzato i diversi punti del progetto con Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo e membro del consiglio direttivo di Confindustria.



Cosa può dirci della cosiddetta Agenda Squinzi?

Ho partecipato personalmente all’approvazione di questo piano e lo condivido pienamente. E’ chiaro che si tratta solo di un primo invito, rivolto alle forze politiche e al nuovo governo che verrà, alle misure che noi, come Confindustria, riteniamo fondamentali per la crescita del Paese.



Con quali obiettivi in particolare?

Le misure prospettate, riguardanti un settore industriale che deve tornare ad avere una rilevanza centrale a livello nazionale, sono capaci di far tornare il peso dell’industria, dal 16,7% attuale, al 20% del valore aggiunto dell’intera economia. Non solo, perché quanto immaginato da Confindustria può  intervenire seriamente sulla crescita, sui consumi, sull’occupazione e sulla produttività.

Quali sono a suo giudizio le maggiori priorità?

Ogni settore industriale ha ovviamente le sue priorità, ma è chiaro che tra le prime vi è lo sviluppo dei consumi sul mercato domestico: nei giorni scorsi, infatti, Confcommercio ha nuovamente ribadito quanto ancora la crisi dei consumi sia profonda e lontana da un’inversione di tendenza, quindi il nuovo governo dovrà inevitabilmente intervenire fin da subito su questo aspetto.



Confindustria ha immaginato meno tasse e oneri sul lavoro, compensati però da un aumento dell’Iva. Come mai? 

La proposta di aumento dell’Iva riguarda solamente alcuni specifici generi e si tratta di armonizzazioni di aliquote per adeguarci ai livelli degli altri Paesi europei. Io stesso in passato ho chiesto più volte al governo di applicare un’aliquota Iva al 4% per alcune categorie di prodotti di arredamento, quali cucina, armadi a muro e bagni, come avviene per la prima casa, ma purtroppo si è trattato di una proposta che non ha avuto risposta. Mi auguro quindi che queste nuove iniziative possano essere prese ben più in considerazione.

Nel testo si ribadisce poi l’importanza del pagamento dei debiti accumulati dallo Stato nei confronti delle imprese…

Uno dei più grandi problemi delle imprese italiane è proprio il mancato pagamento dei debiti accumulati dallo Stato. Per questo chiediamo di dare ossigeno all’industria attraverso il pagamento di 48 miliardi di debiti commerciali, assolutamente fondamentale per smuovere una volta per tutte la situazione.

 

Tra le altre proposte c’è anche la cancellazione dell’Irap.

 

Si parla di Irap e del taglio dell’8% del costo del lavoro nel manifatturiero, ma credo che entrambe queste proposte siano da vedere in funzione dell’aumento delle ore annuali di lavoro (40, ndr). E’ attraverso queste ore in più, detassate e decontribuite, che si riuscirà effettivamente a ridurre in modo considerevole il costo del lavoro.

 

Gli effetti economici di queste misure immaginati da Confindustria sono realistici?

 

Tutti i dati previsti da Confindustria negli ultimi 5 o 6 anni si sono sempre dimostrati concreti e coincidenti con la realtà dei fatti. Anche queste ultime previsioni, quindi, sono assolutamente studiate, veritiere e decisamente realizzabili.

 

(Claudio Perlini)