Tra le verdi colline dell’Appennino umbro-toscano, a Città di Castello, in provincia di Perugia, ha sede la Stile Pavimenti Legno spa che produce parquet di qualità e li esporta in tutto il mondo. L’impresa ha alle spalle una lunga tradizione nel trattamento del legno: da generazioni, infatti, le due famiglie Onofri e Colcelli, fondatrici dell’azienda, lavorano nel settore del legname, passando dalla produzione di legna da ardere, verso la fine dell’800, all’attività di segheria per la fabbricazione di traverse ferroviarie, fino alla metà del ‘900. Poi, verso la metà degli anni Sessanta, la svolta con la costituzione di un’azienda che fabbrica pavimenti in legno a mosaico: la Società Tiberina Legnami, da cui S.Ti.Le. All’estero, dove è apprezzata per l’eleganza e la varietà delle sue collezioni, Stile sta riscuotendo un notevole successo. Oggi, dopo aver percorso un lungo cammino che l’ha portata a ricoprire una posizione leader nel mercato, l’azienda continua a crescere puntando su tecnologia e automazione per conquistare sempre nuovi traguardi. In questa intervista, Lorenzo Onofri, titolare dell’azienda, ci parla delle nuove sfide del mercato globale, di opportunità di sviluppo e del marchio “made in Italy” che all’estero continua a simboleggiare gusto raffinato, qualità superiore e alta affidabilità, anche per la clientela più esigente.
Di recente è stato negli Usa: come vanno là gli affari per la sua azienda?
Abbastanza bene. Da qualche anno ci muoviamo nel canale del contract attraverso una serie di promozioni a studi di architetti. Negli Stati Uniti, per vedere risultati concreti il cammino è abbastanza lungo. Là infatti la fase di progettazione è molto lunga: prima di cominciare a scavare hanno già definito i capitolati nei dettagli.
Che prospettive avete?
Gli Stati Uniti stanno dando segnali di forte ripresa. Per quanto riguarda la nostra azienda vediamo che c’è spazio per ulteriori iniziative che ci consentirebbero di arrivare al cliente retail. Ci stiamo organizzando per avviare una struttura commerciale sul posto.
In quali altri paesi siete presenti?
All’estero siamo presenti in molti paesi, con organizzazioni che cambiano da Paese a Paese. In alcuni ci sono nostri agenti, in altri abbiamo distributori, rivenditori, retail e così via. Fortunatamente, l’export è in crescita: gli ultimi dati confermano che abbiamo fatto un + 18%. Purtroppo non possiamo dire lo stesso del mercato interno.
Quali sono i mercati in crescita?
Quello cinese ad esempio. Poi, legato alla Cina, c’è quello di Hong Kong e del Giappone. E stiamo mettendo piede anche in Sud America e Australia.
Chi è il vostro cliente tipo?
Dipende dai mercati. Ma sicuramente è un cliente che ha a che fare con consumatori di fascia molto alta, specialmente all’estero. I nostri clienti trattano materiali di alta qualità, con finiture, colori e lavorazioni particolari, tutti elementi che ritrovano condensati nei nostri prodotti o in quelli italiani in generale. Più di tanto non riusciamo invece a entrare nei canali della grande cantieristica.
Perché?
Hanno prezzi troppo bassi. E anche la qualità dei prodotti, paragonata alla nostra, è molto bassa. Dove la variabile chiave è solo il prezzo, non riusciamo a essere competitivi.
I materiali che usate da dove provengono?
Le specie legnose che adoperiamo vengono un po’ da tutto il mondo. Rispetto a qualche anno fa, oggi il mercato è concentrato sul rovere, un materiale che si presta molto bene a tutte le lavorazioni di finitura che oggi vanno per la maggiore. Le faccio un esempio.
Prego?
Quando ho iniziato a lavorare in azienda, nel 1996, utilizzavamo 27 specie legnose diverse. Oggi 12, ma intendo arrivare a 7-8. Ormai tanti colori si ottengono tinteggiando la base in rovere. Una volta per soddisfare le richieste dei clienti bisognava utilizzare i colori naturali delle varie specie legnose per avere cromie diverse.
Ci sono segnali di ripresa nell’edilizia?
In tutta onestà direi no. Almeno per quel che ci riguarda. In più, nella filiera dell’edilizia noi arriviamo per ultimi. E se anche domani ci fosse un boom di costruzioni, per noi se ne riparlerebbe tra un anno, come minimo.
Va meglio con le ristrutturazioni?
Con le ristrutturazioni le cose si semplificano. Decidere di fare interventi come quelli per il risparmio energetico non impegna come fare una casa ex novo. Le varie agevolazioni che sono state fatte possono far scattare la decisione di iniziare i lavori a quelli che erano incerti.
Su cosa state puntando in questo momento?
Dietro un prodotto come il nostro c’è tanta ricerca. Per esempio sui materiali che consentono di ottenere certe prestazioni e identificano il “made in Italy” rispetto alla gran parte delle produzioni che ci sono in giro.
Concretamente?
Puntiamo a innovare continuamente le finiture, non solo i colori ma anche le tecniche di applicazione. Che possono venire dal mondo della serigrafia, della meccanica, ecc. In più …
In più?
Abbiamo una linea, che si chiama Stile Lab, che è una specie di laboratorio per prototipi che magari non entreranno mai ufficialmente nelle nostre collezioni. Periodicamente facciamo delle prove che servono per testare una tecnologia nuova, piuttosto che un nuovo prodotto per finiture. Abbiamo dedicato una linea per fare sperimentazioni per cercare di essere innovativi e proporre al nostro cliente di riferimento, che è l’architetto e il designer, soluzioni sempre nuove e dare a lui spunti per creare prodotti nuovi che noi poi realizziamo.
Il ruolo dei posatori è fondamentale: da loro dipende la buona riuscita o il fallimento di un’opera. Cosa fate per assicurarvi da loro un lavoro di qualità?
Per noi il posatore è innanzitutto un professionista che, oltre a consigliare il cliente nella fase d’acquisto, deve effettuare anche un controllo sulla qualità dei materiali. È l’unico in grado di capire se il tal prodotto è a norma oppure no, se deve quindi essere posato oppure no. Da vero professionista deve dire no, quel materiale non lo poso perché non ha la marcatura CE, piuttosto che la scheda prodotto o le dovute certificazioni. E i posatori sono d’accordo; hanno deciso di aderire come associazione (l’AIPPL che opera all’interno di FederlegnoArredo, ndr) al Codice Trasparenza Parquet che abbiamo creato proprio per darci regole di comportamento. Vede, il problema è proprio questo.
Quale?
Il problema non è tanto “made in Italy” o “made in China”. Il problema è capire cosa c’è sul mercato e, soprattutto, se il consumatore sta facendo un acquisto consapevole. Ci possono essere prodotti di importazione con buone caratteristiche, sicuramente diverse da quelle che hanno i prodotti italiani, ma che possono andare bene. Non è detto che siano fuori norma. L’importante è che chi li acquista sia al corrente di quello che sta acquistando. Purtroppo su molti prodotti che partono dalla Cina c’è già il marchio “made in Italy”. Per questo è cruciale il ruolo del posatore che sa riconoscere subito il tipo di materiale che ha tra le mani.