«Destiniamo il “tesoretto” della Golden Rule agli incentivi per gli investimenti delle imprese che da dieci anni in Italia sono fermi». È la proposta di Oscar Giannino, giornalista economico, a proposito dello sconto sul deficit da 4,8 miliardi di euro che potrebbe essere detratto dal bilancio italiano rispetto al Patto di stabilità. Una somma corrispondente allo 0,3% del Pil, pari alla spesa di cofinanziamento di telecomunicazioni, reti transeuropee di trasporti e fondi strutturali. È la “Golden Rule” che il Governo Letta ha chiesto di poter introdurre alla Commissione Ue, e che rappresenterebbe un premio per i paesi con un deficit nei limiti del 3% del Prodotto interno lordo come l’Italia.



Giannino, l’Italia ce la farà a ottenere almeno questo dall’Europa?

Credo di sì, stando almeno ai rumors che ho raccolto all’uscita dalla procedura d’infrazione dell’Italia. Al ministero dell’Economia sono convinti che ci riusciremo e che il premier Letta su questo si batterà molto fermamente. Anche se da questo punto di vista ha aiutato poco il Consiglio europeo della scorsa settimana, perché tutti i temi collegati all’economia e alla ripresa sono stati messi in un angolo rispetto alla vicenda Datagate. Bruxelles sta analizzando le diverse leggi finanziarie, e solo dopo questa fase si capirà se entro fine anno arriverà il disco verde sulla Golden Rule, rispetto a cui sono ancora fiducioso.



Qualora ci si arrivi, come dovremo spendere i 4,8 miliardi?

Il punto di fondo è che bisogna evitare a tutti i costi che il “tesoretto” sia utilizzato in qualunque forma a sostegno della spesa corrente. Mi riferisco non solo alla spesa in conto economico dei ministeri, ma anche a fini previdenziali. Non si creda di fare un giochetto attuariale per utilizzare i 4,8 miliardi per dare maggiore sostenibilità ai costi sballati del welfare.

Lei al contrario quale strada privilegerebbe?

Una prima possibilità è quella di utilizzare queste somme per aumentare la spesa in conto capitale gestita direttamente dallo Stato, facendo risalire la spesa per investimenti pubblici che ha avuto un nuovo segno di stop. Negli ultimi dieci anni la voce degli investimenti pubblici è quella che è stata compressa di più rispetto alla spesa corrente che continuava a salire. Questa possibilità lascia però perplessi, in quanto l’efficienza dell’investimento pubblico come moltiplicatore a breve e medio termine in Italia a parità di capitale impiegato risulta significativamente più bassa di quanto non sia in altri paesi europei come Francia, Spagna e Germania.



Quali alternative ci restano quindi?

Il secondo possibile utilizzo del “tesoretto”, quello che secondo me sarebbe preferibile a patto di contrattarlo in sede europea, è finalizzato ad accrescere gli investimenti privati. Rispetto al 2007 siamo al -27% del totale degli investimenti come somma tra quelli pubblici e privati. Le imprese investono cioè molto poco e non hanno se non parzialmente ripreso a investire. A farlo è soltanto il quarto capitalismo, le settemila multinazionali tascabili e le 80mila che lavorano per loro. Nel vasto corpo delle imprese italiane è evidente che siamo ancora alle prese con forti restrizioni dovute ai problemi del credito e alle tasse. Se esistesse la possibilità di utilizzare queste somme come incentivi alla crescita degli investimenti privati, sarebbe la strada preferibile.

 

Quali forme può prendere questa soluzione?

Per esempio quella di un forte potenziamento di alcune misure già previste, ma che restano con una dotazione molto scarsa: l’ACE per la capitalizzazione delle imprese e la legge Sabatini per gli investimenti in macchine strumentali. Ritengo invece che vada scartata una delle ipotesi che gira in questo momento: quella di utilizzare il “tesoretto” per aumentare gli sgravi alle imprese e sul lavoro. Ciò avrebbe a che fare con il conto economico e l’Ue direbbe di no.

 

(Pietro Vernizzi)