Le inefficienze della macchina amministrativa fanno perdere all’Italia due punti di Prodotto interno lordo. È quanto emerge da un rapporto curato dal commissario europeo per l’Industria e l’Imprenditoria, Antonio Tajani, nel quale si sottolineano i “troppi ostacoli a una crescita solida”, aggiungendo che “sebbene vi siano iniziative programmatiche per migliorare il contesto imprenditoriale e agevolare le piccole e medie aziende, la loro attuazione è in ritardo e gli oneri amministrativi rimangono elevati”. Per Guido Gentili, editorialista de Il Sole 24 Ore, «la burocrazia italiana esercita un vero e proprio potere di veto nei confronti delle nostre leggi, al punto da avere frenato l’attività di riforma portata avanti prima dal governo di Mario Monti e poi da quello di Enrico Letta».



Davvero ritiene che le lentezze burocratiche in Italia siano tali da farci perdere due punti di Pil?

Il tema della manomorta della burocrazia che grava sui cittadini e le imprese è noto da tempo, ma non è mai stato seriamente affrontato. Attraverso l’apertura degli sportelli “Amico per l’Impresa” si è pensato di poter dare un colpo di maglio alla burocrazia. Purtroppo non è stato così, il problema è molto più serio anche perché riguarda la stessa costruzione istituzionale attraverso cui lo Stato si è articolato nei decenni.



Quali sono nello specifico i problemi?

Uno di questi riguarda le contrapposizioni che si sono create tra lo Stato centrale e le Regioni, con i contenziosi nati a partire dalla riforma del Titolo V che puntualmente arrivano di fronte alla Corte costituzionale. È una conferma della mancanza di certezza del diritto in Italia. Ma, soprattutto, a emergere con forza è il prosperare di una burocrazia centrale e periferica, che ovviamente ha dei poteri immensi dal punto di vista dell’attuazione delle leggi e dei provvedimenti, e quindi crea una situazione di blocco.

Qual è l’origine di questa situazione che si è creata in Italia?



Le leggi scritte male sono un primo grave problema del nostro Paese, cui siamo stati abituati da una prassi legislativa e politica. Penso alle leggi finanziarie che per molti anni si sono basate su sterminati articoli con 300 commi ciascuno, occupandosi di tutto un po’ con rimandi a leggi precedenti impossibili da decifrare se non da parte dello stesso burocrate. La causa è quindi questo sistema di inflazione legislativa e di complicazione burocratica interna.

Si tratta di una complicazione fine a se stessa?

No, ciò esprime una tendenza autoreferenziale e un potere di veto molto forte, e le migliori intenzioni della politica si fermano di fronte a questi ostacoli. Lo stesso governo Monti, pur avendo avuto inizialmente carta bianca da parte dell’opinione pubblica, dopo avere attuato il provvedimento Salva-Italia con la riforma delle pensioni, a partire dal decreto Cresci-Italia si è letteralmente arenato. Come ha ammesso con molta franchezza lo stesso premier Enrico Letta, anche l’attuale governo sta incontrando le stesse difficoltà.

 

Attraverso quali forme la burocrazia esercita il suo potere di veto?

In particolare, attraverso la Ragioneria Generale dello Stato, il braccio amministrativo del ministero dell’Economia. Quando il governo predispone la legge finanziaria, il Tesoro prepara la manovra e i decreti attuativi. A quel punto arriva il momento della cosiddetta “bollinatura” da parte della Ragioneria Generale dello Stato, la quale verifica se la copertura finanziaria è adeguata o meno. Molto spesso abbiamo assistito a episodi in cui la Ragioneria ha interpretato il suo ruolo fino a dire “questo si fa” e “questo non si fa”, o “non si trovano i soldi su questo terreno”. La discrezionalità di questo meccanismo si è resa evidente in modo inequivocabile.

 

In che modo la politica ha cercato di correre ai ripari?

Con l’entrata in carica del governo Letta, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha nominato Daniele Franco nuovo Ragioniere Generale dello Stato, proprio per porre fine a questa deriva. Non si tratta però dell’unica modalità attraverso cui la burocrazia esercita il suo potere di veto…

 

In quali altri modi lo fa?

I provvedimenti di concerto tra più ministeri implicano che passino da un tavolo a un altro dell’amministrazione dello Stato e ciascuno può inserire delle modifiche, togliere alcuni commi o modificare un articolo. Un percorso amministrativo di questo tipo è sempre soggetto al rischio di un blocco su un tavolo piuttosto che su un altro, e la protagonista di questi blocchi è sempre la burocrazia.

 

(Pietro Vernizzi)