«L’Italia ha toccato il fondo e si avvia verso la stagnazione, ma non si può dire che stiamo uscendo dalla crisi. Il vero dato preoccupante riguarda il fatto che, a livello europeo, mentre il dato sull’inflazione è stabile ovunque, quello sulla disoccupazione è sempre più diverso da Paese a Paese. Ciò rappresenta il più grave pericolo che possa esistere per la tenuta a lungo termine del progetto europeo». Lo afferma Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, commentando le parole del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, secondo cui “abbiamo avuto una lunga crisi ma credo che ne stiamo uscendo ma bisogna avere fiducia”. Parlando a “Domenica In”, il ministro ha sottolineato come “leggendo la stampa stamattina sembrava di sentire il Dies irae dal Requiem di Verdi. Ma in Italia oggi molti cantano ‘all’alba vincerò’ e spero l’anno prossimo canteremo ‘l’inno alla gioia’ dalla nona di Beethoven che è anche l’inno d’Europa”. Come ha ricordato inoltre il ministro, “nel 2013 è stata completamente abolita la tassa sulla casa. A fine anno c’è un piccolo onere”.



Professor Campiglio, davvero come dice il ministro Saccomanni stiamo uscendo dalla crisi?

Il ministro Saccomanni, nella sua veste istituzionale, è in qualche modo obbligato a manifestare speranza sulla ripresa economica. Le speranze di ripresa italiana sono legate all’andamento delle esportazioni mondiali. È un fatto che le grandi aree economiche sono in questo momento più deboli come aspettative di quanto lo fossero sei mesi fa.



Il dato sul Pil Usa nel terzo trimestre 2013 è pari al +4,1%. Non è un dato incoraggiante?

Negli Stati Uniti la disoccupazione diminuisce, ma la sua durata media continua a essere molto elevata e una serie di altri fattori non depongono a favore di una ripresa robusta come avveniva in passato durante altri cicli economici. Le economie asiatiche continuano a crescere a tassi molto elevati, ma un pochino più ridotti.

Come valuta invece le prospettive di Europa e Italia?

La situazione europea continua a essere piuttosto stagnante, e nel complesso questa rappresenta la prospettiva italiana per l’anno prossimo. Se le cose andranno per il verso giusto probabilmente avremo una crescita economica nell’intorno dello zero virgola qualcosa. Tenuto conto anche del continuo aumento della popolazione, la situazione in realtà anche nel 2014 non registrerà veri miglioramenti, ma è possibile che si possa dire di avere toccato il fondo. Il punto vero sarà quindi capire, se tutto ciò accade, quanto lungo sarà il periodo necessario per ritornare alla situazione del 2007, che già non era rosea ma che a questo punto è nettamente migliore di prima. La situazione obiettiva è quella di un moderato ristagno.



 

Saccomanni ha detto che il vero problema è quello delle risorse limitate. In che modo il governo italiano può trovare queste risorse?

Il governo italiano da solo non può trovare le risorse così facilmente. La questione della crescita è europea, in quanto la cappa della stagnazione trascina l’Italia ma anche la Spagna, il Portogallo e la Grecia, lambendo la stessa Francia.

 

Insomma, non c’è ragione per essere troppo ottimisti?

C’è un dato particolarmente preoccupante per quanto riguarda l’Eurozona. Riguarda il fatto che dal 2009 a oggi, mentre la convergenza dei tassi d’inflazione è continuata tanto che è ovunque al di sotto dell’1%, la variabilità dei tassi di disoccupazione è nettamente aumentata. Il tratto centrale del disegno europeo è la convergenza, mentre dal 2009 a oggi le divergenze economiche dei Paesi dell’area euro e dell’Ue sono aumentate. Ciò rappresenta il più grave pericolo che possa esistere per la tenuta a lungo termine del progetto europeo.

 

(Pietro Vernizzi)