Caro direttore,
Sto seguendo con interesse il dibattito politico che ci sta portando alla scadenza del prossimo appuntamento elettorale. In particolare, sono positivamente sorpreso dai richiami, fatti all’unanimità da tutti gli schieramenti, sulla necessità per le imprese italiane di puntare sui paesi emergenti, sottolineando che fattore decisivo della ripresa economica è la spinta all’internazionalizzazione.
La federazione a cui appartengo, FederlegnoArredo, è da anni impegnata in questo compito, organizzando incontri, eventi B2B, manifestazioni fieristiche, incoming di delegazioni estere, missioni su misura all’estero. Solo per il 2013 abbiamo messo in agenda 15 missioni nei continenti di maggiore interesse per la filiera legno-arredo; negli ultimi sei mesi abbiamo aperto tre filiali dirette a Chicago, Londra e Mosca; l’edizione del Salone Internazionale del Mobile 2012 ha visto la partecipazione di quasi 200.000 presenze dall’estero; non ultimo, circa un terzo della produzione del Made in Italy dell’arredamento viene esportata, per un valore pari a circa 12 miliardi di euro. Il nostro impegno in questa direzione è sempre più efficace e non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare a continuare su questa strada.
Abbiamo tuttavia a cuore anche un altro grande tema: come porre rimedio al crollo dei consumi interni che si fa sempre più sensibile. Nell’attuale dibattito politico mi sembra di cogliere una carenza di attenzione a come farli ripartire: è come se tutti dicessero che la nave sta affondando e l’unico modo per salvarsi è abbandonarla per entrare nei mercati esteri. Io non me la sento di abbandonarla, la nostra nave.
Non voglio certo passare come difensore della teoria keynesiana che ripone quasi una speranza nel livello dei consumi che, se elevati, consentono il raggiungimento di un buon grado di benessere garantendo attraverso una forte domanda un’elevata produzione di beni e servizi, riducendo così il livello di disoccupazione. Questo meccanismo è un tentativo a mio parere insufficiente a definire cosa rappresenti il vero ben-essere della persona. Tuttavia il considerevole calo che continuamente registriamo è certamente un grido di allarme. Lo è per l’economia dell’intero Paese, così come lo è per ognuna delle 60 milioni di storie che fanno il nostro Paese: storie che chiedono che il sacrificio presente possa però avere un significato e una prospettiva di utilità.
Di tutte queste storie conosco quelle degli imprenditori che rappresento, del profondo affetto che li ha sempre legati al territorio, alle famiglie e al loro tessuto sociale dando vita, tramite la nascita dei distretti industriali, al miracolo del Made in Italy. E che nell’attuale difficoltà economica gridano che vogliono continuare a contribuire al benessere e al futuro del nostro Paese. Questo loro desiderio deve essere sostenuto e prestare loro attenzione con realismo è un contributo prezioso all’attuale dibattito politico. E per farlo è necessario provare ad affrontare il grande tema dello stallo del mercato nazionale.
Il sistema legno-arredo, nell’ultimo lustro, ha registrato dati significativamente negativi: i consumi interni hanno perso quasi il 40% pari a oltre 13 miliardi di euro, l’intero fatturato della filiera ha visto svanire il 33% dei propri volumi (14 miliardi di euro), oltre 10.000 aziende hanno chiuso e più di 51.000 persone hanno perso il proprio posto di lavoro. Questa serie di numeri al ribasso dimostra che le risorse e le energie non dureranno a lungo se non si interviene, con conseguenze catastrofiche e tremende ripercussioni nel tessuto sociale.
Da mesi FederlegnoArredo sta facendo una proposta semplicissima: estendere ai mobili ed agli elementi d’arredamento ladetrazione Irpef del 50% già prevista per le ristrutturazioni edilizie. Equiparare i costi sostenuti per gli arredi alle spese per le ristrutturazioni darebbe alle famiglie italiane la possibilità di progettare con maggiore respiro il loro futuro. Va inoltre aggiunto che tale scelta non solo sarebbe a costo zero per le casse statali, ma che addirittura porterebbe a un aumento del gettito erariale.
Questa proposta è stata ripresa e fatta sua nei giorni scorsi dal premier uscente, Mario Monti, davanti agli imprenditori di Confindustria di Monza e Brianza, in un territorio che rappresenta uno dei principali distretti nazionali del settore mobile-arredamento. E martedì anche da Roberto Maroni, in visita presso la sede di FederlegnoArredo.
La mia insistenza su questo argomento deriva dal fatto che una tale proposta non solo è un tema di vera politica industriale, ma ha addirittura la pretesa di poter funzionare portando benefici a un settore che ha una produzione e una occupazione “completamente italiane”. Non posso non evidenziare come negli ultimi quattro anni il comparto dell’edilizia ha perso oltre il 27% e l’unico numero positivo è stato quello delle ristrutturazioni con un aumento di oltre il 9%. Ciò sta a dimostrare come attraverso provvedimenti politici, rivolti all’industria e non alla finanza, sia possibile veramente rilanciare i consumi interni: il dato delle ristrutturazioni ne è un esempio ed è certamente possibile replicarlo. Ritengo che questo sia un esempio di sano realismo che nasce dal basso.
In merito, infine, al tema del taglio delle tasse come strumento privilegiato per la crescita del sistema interno, non posso che essere favorevole alla riduzione del peso fiscale sulle persone fisiche: a essa devono tuttavia accompagnarsi azioni di politica industriale il cui effetto non sia quello di incentivare una ripresa dei consumi generica, bensì quello di privilegiare la vendita di prodotti integralmente Made in Italy. Così come tagliare le tasse sulle aziende deve tener conto della situazione reale in cui si trovano: è necessario infatti mettere le imprese italiane nelle condizioni di tornare a produrre utili, perché la verità è che molte di esse non sono più in grado di farlo. E chi propone di detassare gli utili reinvestiti come forma di incentivazione che in parte risolva i loro problemi, non tiene pienamente conto che la loro situazione è molto più drammatica.
Sono dell’opinione che azioni come quella proposta da FederlegnoArredo debbano diventare priorità nel panorama politico perché la ripresa dei consumi interni è il consolidamento di uno sguardo positivo e fiducioso verso la realtà.