Un nuovo anno è iniziato per l’economia italiana, che ancora fatica ad affrontare la crisi. Le previsioni dicono infatti che il Pil non tornerà a salire nel 2013 e per molte imprese ci sarà quindi da faticare per poter reggere l’urto della contrazione della domanda. Un settore particolarmente interessante da analizzare è quello delle macchine utensili. È una sorta di “termometro”, in quanto i macchinari prodotti e venduti sono quelli che vengono utilizzati dalle imprese a valle per fabbricare altri beni di consumo. Se quindi crescono ordini e vendite significa che le aziende prevedono di aumentare la produzione, viceversa che ancora non è giunto il momento di dar vita a nuovi investimenti. Abbiamo quindi fatto il punto della situazione con Luigi Galdabini, Presidente di Ucimu-Sistemi per produrre, realtà che riunisce 200 aziende di questo settore.



Presidente può darci un’indicazione dell’andamento dell’industria della macchina utensile?

Nel 2012 l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione ha registrato una crescita che, considerato il momento, possiamo ritenere soddisfacente, allungando il trend positivo registrato a partire dal 2010 dopo la crisi del biennio precedente. I dati di preconsuntivo del 2012 elaborati dal nostro Centro Studi & Cultura di Impresa rilevano, infatti, una produzione che, sfiorando quota 5 miliardi di euro, è risultata in aumento del 3,5% rispetto al 2011. Un anno questo, che già aveva visto l’industria italiana di settore recuperare buona parte del terreno perso rispetto al biennio precedente. Il risultato è stato determinato soprattutto dall’ottima performance delle esportazioni che, in crescita del 12%, hanno raggiunto quota 3.650 milioni di euro.



Quali sono le previsioni per l’anno appena iniziato?

Per quanto riguarda il 2013, le previsioni evidenziano un certo rallentamento dell’andamento dell’industria italiana di settore. La produzione è attesa comunque in crescita dell’1,2%, ma, a fronte del buon andamento del mercato estero, è prevista una strutturale riduzione del mercato domestico che impatterà sia sulle consegne dei costruttori, in calo del’1,2%, sia sull’import che scenderà del 2,1%. Un dato preoccupante per tutti, non solo per noi costruttori perché sinonimo di arretramento tecnologico del sistema industriale del Paese.



Il settore comunque registra incrementi grazie all’export…

La sua è una corretta lettura. Le esportazioni hanno permesso alle imprese del settore di chiudere l’anno mantenendo i livelli del 2011. Nel 2013 le esportazioni cresceranno di un ulteriore 2,1%, raggiungendo quota 3.725 milioni di euro. Il rapporto export/produzione ha invece guadagnato circa sei punti, passando dal 68,5% del 2011 al 74% del 2012 e, nel 2013, crescerà ancora, arrivando al 74,6%. Con questi numeri, l’industria italiana delle macchine utensili dimostra di aver colto positivamente i vantaggi derivanti dalla globalizzazione del mercato, incrementando l’attività sui mercati stranieri vicini e lontani. Certo non ha risolto completamente le difficoltà che la stessa ha portato, ma le imprese si stanno dando molto da fare. In particolare, secondo l’ultima rilevazione relativa al periodo gennaio-ottobre 2012, sono cresciute le vendite in Cina, Stati Uniti, Russia, Francia e India; deciso è stato l’incremento delle consegne destinate a Turchia, Polonia e Messico.

Com’è stato possibile ottenere un risultato così importantein mercati tanto eterogenei per localizzazione geografica e per caratteristiche della domanda? Qual è il segreto di questo successo?

Più che di segreto parlerei di metodologia, di soluzioni, di programmi; un insieme di componenti determinanti, storicamente insiti nella cultura organizzativa italiana di settore: 380 imprese per un totale di 32.000 addetti e una produzione di quasi 5 miliardi di euro raccontano un settore piccolo per dimensione ma grande per contenuto e tradizione. Patrimonio tecnologico e strategico per l’intero manifatturiero italiano, il settore delle macchine utensili brilla nel panorama internazionale ove occupa la quarta posizione tra i produttori e la terza tra gli esportatori. Capaci di competere con i concorrenti stranieri, i costruttori italiani sono vincenti grazie al giusto mix tra dimensione industriale e artigianale che sono riusciti, nella maggior parte dei casi, a ottenere riorganizzando struttura e lavoro in modo da rispondere all’evoluzione del mercato globale. Gli esempi sono noti e meno noti, ma dimostrano come la via italiana del fare business, mantenendo fin dove possibile piena flessibilità, sia la migliore strategia per vincere la sfida della competizione.

 

Noi italiani siamo quindi più “bravi” degli altri?

 

La vera esclusività dell’industria italiana risiede nella capacità, solo nostra – dico con un po’ di presunzione – di sviluppare soluzioni personalizzate con “macchine su misura” progettate fianco a fianco del cliente. Anche per questo, per questa nostra specializzazione, riusciamo a presidiare nicchie del mercato che i concorrenti stranieri, troppo grandi e strutturati, non sono interessati a coprire. Per tornare al punto precedente, direi che il segreto per il successo è non fermarsi mai. Dunque grande impegno su innovazione continua e internazionalizzazione: questi i pilastri su cui si fonda il futuro di un settore strategico come quello dei sistemi di produzione.

 

Prima ha detto che il vostro è un settore strategico per tutto il Paese: cosa intendeva dire esattamente?

 

Il settore delle macchine utensili è stato inserito nella lista dei comparti considerati strategici e redatta dalle autorità di governo di paesi del calibro di Cina, Germania e Stati Uniti. È strategico perché le macchine utensili sono la base della quasi totalità dei processi produttivi. Da esse dipende in larga parte il modo di produrre del manifatturiero. Guardandola al rovescio, l’obsolescenza dei sistemi di produzione è sinonimo di perdita di competitività per tutta la filiera, dunque anche per il prodotto finale. Un grave rischio per il Paese, non solo per il settore rappresentato da Ucimu-Sistemi per produrre.

 

L’associazione che lei rappresenta ha proposte concrete per il rilancio del manifatturiero?

 

Certamente. La rappresentanza è una delle principali missioni di una associazione di categoria. In particolare, oltre che come ambasciatore del made in Italy di settore, Ucimu opera per promuovere le istanze del settore attraverso un dialogo costante con le istituzioni, a partire dalla Confindustria. Si tratta di un’attività molto delicata e ponderata. Siamo infatti consapevoli che le disponibilità economiche in questa fase sono realmente scarse, ma siamo altrettanto convinti che senza un adeguato programma di misure e provvedimenti concreti, “la macchina” non potrà rimettersi in moto.

 

Può citare alcune delle proposte dei costruttori italiani di macchine utensili?

Ne citerò alcune di quelle già ampiamente discusse con la nostra base. Considerato che in questo momento è l’export a sostenere il settore, occorre prevedere misure utili a favorire un’attività “tanto costosa” poiché dipendente dal grado e dal tipo di innovazione tecnologica applicata al prodotto in funzione del mercato cui esso è destinato. Mi riferisco, in particolare, al provvedimento che prevede l’abbattimento dell’Irap sul personale per una quota pari al rapporto export/fatturato dell’impresa, con l’obiettivo di premiare le imprese più virtuose e di stimolare il processo di internazionalizzazione di quelle che ancora sono fortemente orientate a operare sul mercato nazionale. Sempre per favorire l’attività di internazionalizzazione delle imprese italiane, occorre che l’Ice sia dotato dei giusti finanziamenti per poter sostenere le iniziative di promozione all’estero dei settori produttivi.

 

Fin qui l’esportazione e l’internazionalizzazione. Ma si può fare qualcosa anche per stimolare la domanda interna?

 

Per ridare slancio ai consumi, se il provvedimento degli ammortamenti liberi risulta essere di difficile attuazione in un momento in cui il tema della quadratura dei conti dello Stato è prioritario, chiediamo che sia ripensato un provvedimento sul modello della legge 1329/65 (legge Sabatini, ndr) che molto ha concorso all’industrializzazione del Paese e che, su base nazionale, permetta all’acquirente di dilazionare il pagamento del bene fino a cinque anni a un tasso agevolato. Contestualmente, occorre prevedere comunque una riduzione del cuneo fiscale che porti benefici con congrua ripartizione sia alle imprese che ai lavoratori, alleggerendo il costo del lavoro per l’azienda e la tassazione che incide direttamente sulla busta paga degli occupati.

 

Prima lei ha parlato di “base”. Quanto è importante per la vostra associazione?

 

È importantissima. La forza e l’autorevolezza di un’associazione dipendono dalle imprese che ne fanno parte. Sono associate a Ucimu 200 imprese che coprono circa il 70% della produzione nazionale di settore: è questa composizione ad assicurare il valore alla rappresentanza. L’attività di ascolto e sintonizzazione da noi praticata rispetto alle esigenze delle imprese è costante, ma diventa più intensa in un momento complesso come l’attuale. Per questa ragione, per l’autunno 2013, abbiamo in calendario le Assise della Macchina Utensile.

 

Di che cosa si tratta?

 

È un appuntamento aperto alla partecipazione di tutti coloro che, in Italia, operano nel mondo dei sistemi di produzione. Non soltanto, dunque, i costruttori, ma anche gli agenti importatori, i distributori e le filiali di imprese straniere, che si incontreranno con l’obiettivo di analizzare punti di debolezza, punti di forza, opportunità ed esigenze di uno dei pochi settori strategici per il sistema economico del Paese. Con questo l’auspicio è che il manifesto del settore contempli la più ampia e completa visione della situazione portando con ciò beneficio a tutti gli attori, prime fra tutte le imprese associate.

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