Buona parte dell’Europa, specialmente al nord e all’est, ha colto la convenienza di un sistema fiscale vantaggioso per le imprese. In Svezia, per esempio, l’aliquota per le aziende è stata abbassata di oltre 4 punti, passando dal 26,3% all’attuale 22%. In Danimarca, si è passati dal 25% al 22%, mentre in Gran Bretagna dal 26% al 24% e l’intenzione è quella di ridurla ulteriormente. E poi ci sono le repubbliche baltiche. Che uniscono alla ridotta imposizione fiscale un sistema complessivamente snello, ingegnoso e a favore delle aziende. In Lettonia l’imposta societaria ammonta al 15%, quella sui dividendi al 10%. In più, l’introduzione del Group Relief consente di gestire le perdite in maniera estremamente flessibile. In Estonia l’imposta si applica esclusivamente alle imprese che distribuiscono dividendi, mentre in Lituania l’aliquota è del 15%. Risultato: questi Paesi vantano ottime performance in termini di produttività, attirano investimenti e aziende straniere che, sovente, anche dall’Italia, vi si trasferiscono in virtù di un sistema fiscale più vantaggioso. Abbiamo chiesto a Sebastiano Garufi, avvocato ed espero di diritto internazionale dell’economia, se anche l’Italia non farebbe meglio a ridurre la propria tassazione per le imprese.



Abbassare le tasse è sufficiente per migliorare il sistema produttivo?

Non direi. Certo, è fondamentale. Ma ai vantaggi fiscali, in questi Paesi, si aggiunge lo snellimento della burocrazia. Il beneficio non consiste unicamente nell’aliquota nominale bassa, quanto nell’efficienza del sistema fiscale in generale. Mi riferisco, per esempio, ai tempi richiesti per pagare le imposte o alla semplificazione del sistema delle riduzioni e delle detrazioni. Non dimentichiamo, inoltre, che l’impossibilità di esigere i crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni è un’anomalia tipicamente italiana.



Crede che sarebbe necessario procedere verso l’unificazione fiscale europea anche rispetto alla tassazione sulle imprese?

Indubbiamente, è estremamente difficile immaginare un’unione monetaria senza un’unione fiscale. Quest’ultima, tuttavia, determinerebbe non pochi problemi. Un Paese in crisi di bilancio, infatti, in genere può ripagare il proprio debito svalutando la moneta. In un’Europa con una moneta unica non è possibile agire e, spesso, l’unica maniera per reagire è la leva fiscale.

Ci sono imprese italiane che stanno traslocando all’estero per ragioni fiscali?

Moltissime, effettivamente, stanno cercando di andare in Pesi con sistemi fiscali più favorevoli.



 

Quali misure andrebbero assunte per il nostro Paese?

 

Come già detto, abbassare le imposte non è sufficiente. Sarebbe necessario snellire il sistema fiscale nel suo complesso, dato che è troppo macchinoso, contempla svariate aliquote a svariati metodi per calcolarle, e un complicato meccanismo di deduzioni e riduzioni. Occorre una semplificazione generale. Diminuirebbe i costi per l’impresa. Per effettuare le operazioni di pagamento, infatti, serve compilare moduli, inviare comunicazioni, pagare consulenti e fare file agli sportelli. Una perdita enorme di tempo (quindi, di denaro) che la Banca mondiale stima in 285 ore all’anno. L’aliquota effettiva, così, sale spesso al 68,5%. Contestualmente, sarebbe possibile ipotizzare di abbassare l’Irap. Il minor gettito prodottosi nell’immediato si recupererebbe sul medio termine con un aumento di produttività.

 

Come valuta i sistemi adottati nei Paesi Baltici? Sarebbero applicabili anche in Italia?

 

Non escludo che farlo comporterebbe dei benefici. Prevedere, ad esempio, che la tassazione venga effettuata esclusivamente laddove l’impresa produca dei dividendi, potrebbe essere utile per incentivare il reinvestimento del risparmio fiscale in innovazione e competitività. Ritengo particolarmente interessante anche il Group relif lettone.

 

Come funziona?

 

Corrisponde alla tassazione di gruppo. E’ usato da diversi stati e consente di compensare gli utili e le perdite di un gruppo societario, considerandolo un’unica entità giuridica. La capogruppo, esercitando un’opzione e fornendo una serie di comunicazioni al fisco, ha la possibilità di imputarsi direttamente gli utili e le perdite conseguiti dalla controllate. In questo modo, ha la possibilità di ottenere un abbassamento delle imposte.  

 

(Paolo Nessi)