Più di 70 miliardi di euro; che, se pensate che sono 140 miliardi delle vecchie lire, fanno ancora più impressione. Sono i soldi che lo Stato deve alle imprese di cui è debitore. E che, con disinvoltura, non liquida. La questione è ormai diventata drammaticamente preoccupante. Molte aziende sono costrette a chiudere, nell’impossibilità di gestire l’ordinaria amministrazione. Di recente, anche il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha dato l’allarme. Lanciando un appello affinché vengano restituiti immediatamente almeno 8-9 miliardi a quelle che sono più l’acqua alla gola. Gli ha fatto eco il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, mentre le associazioni datoriali della filiera dell’edilizia, (Ance, Anaepa Confartigianato, Cna Costruzioni, Fiae-Casartigiani, C.L.A.A.I., Alleanza delle Cooperative italiane, Aniem e Federcostruzioni) hanno firmato un appello affinché venga definito un piano di pagamenti che sia accettato dall’Europa. E’ uno tra i settori più colpiti dai mancati pagamenti. Il che, rischia di creare pesanti e ulteriori ripercussioni sulla salute di tutta l’industria italiana. Gaetano Troina, professore di Economia aziendale presso l’Università di Roma Tre ci spiega qual è la posta in gioco.
Perché, anzitutto, la filiera dell’industria edilizia è così importante?
L’edilizia è sempre stato, storicamente, un comparto decisivo per il nostro Paese. I suoi confini, infatti, vanno ben al di là della sua specifica ragione sociale. La filiera produttiva dell’edilizia è la più estesa. Si pensi a tutto il settore dell’arredamento, dell’artigianato, alla produzione di infissi o del materiale per la costruzione delle case. Insomma, colpire l’edilizia non solo determina una significativa riduzione delle nostre dimensioni economiche, ma comporta anche una drastica sottrazione di posti di lavoro.
Le risulta che alcune aziende falliscano per l’impossibilità di ottenere i propri soldi dalla Pa?
Effettivamente, questa è una triste realtà. Ci sono migliaia di piccole e medie imprese che hanno chiuso i battenti per l’impossibilità di esigere i crediti che vantano nei confronti dello Stato. Se un tempo si falliva per debiti, oggi, paradossalmente, si fallisce per i crediti. Sono sempre di più le aziende che, se lo Stato onorasse i propri pagamenti, riuscirebbero a sopravvivere e superare questo momento di crisi. Purtroppo, stante l’attuale situazione, sottrargli anche poche migliaia di euro equivale a privarle dell’ossigeno per respirare. Per pagare le bollette, le forniture, gli stipendi ai dipendenti.
E’ stato chiesto lo sblocco immediato di almeno 8-9 miliardi di euro. Sarebbe la cifra necessaria per tamponare l’emergenza.
Credo che si possa ragionevolmente pensare che la cifra sia a disposizione delle casse dello Stato. Quel che è certo è che l’interesse della politica economica dovrà essere sempre più finalizzato alla risoluzione di questo problema. In una situazione in cui non si riesce a creare nuova occupazione, la priorità deve consistere nel mantenere quella esistente e questi 8-9 miliardi vanno erogati senza indugio.
Si è fatto presente che, oltretutto, non determinerebbero lo sforamento dagli obiettivi di Maastricht.
Vede, qui il problema è che ci troviamo di fronte a un paradosso che io denuncio da anni. Si continua a discutere del deficit dello Stato, ma quanti comuni hanno a disposizioni ingenti risorse liquide che non possono investire a causa del Patto di stabilità? Un patto scellerato che impedisce gli investimenti e di gestire l’esistente. Una decisione assunta in virtù di una concezione dell’economia che non tiene in minima considerazione le persone, ma esclusivamente i numeri. Tipica di molti professori di economia pura, convinti di risolvere i problemi spostando delle cifre sulla lavagna.
Più in generale, crede che l’Europa dovrebbe concederci una deroga agli obiettivi di Maastricht?
Partiamo da una premessa: laddove un soggetto non onori il proprio debito nei confronti di chi rischia di morir di fame se non riesce a ottenere quel credito, siamo di fronte a un crimine. La politica, invece che lacerarsi in interessi di basso conio come sta facendo, dovrebbe organizzarsi per sbattere i pugni sul tavolo europeo. E pretendere, per esempio, che sia consentito allo Stato italiano di liquidare direttamente l’intero ammontare della cifra dovuta alle imprese (o buona parte di essa) senza che venga inserita nel computo del deficit. Tanto più che si tratta di soldi che solamente per un artifizio contabile non fanno parte del nostro bilancio. Ma che, nella sostanza, ne fanno parte, eccome. Tanto vale che vengano liquidati immediatamente.
Lei, in tal senso, cosa prevede?
Purtroppo, la vedo dura. Non solo, come è di fronte agli occhi di tutti, siamo senza un governo. Ma, quando e se lo avremo, continueremo a dover fare i conti con la Germania che, in questo momento, ha una Cancelliera sotto elezioni che non sta pensando ad altro che al suo elettorato.
(Paolo Nessi)