Dall’Europa un nuovo dietrofront. Appena otto giorni fa, in una nota congiunta, i due vicepresidenti della Commissione europea, nonché commissari agli affari economici, Olli Rehn, e all’industria, Antonio Tajani, ipotizzavano per la prima volta che i ritardati pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione sarebbero potuti essere scontati sui conti pubblici ai fini della vigilanza europea. Nelle ultime ore, invece, fonti della Commissione Ue hanno fatto sapere che l’atteso pagamento dei 40 miliardi di debiti arretrati (che secondo le indicazioni del governo porterebbe il deficit 2013 al 2,9%) “renderebbe per l’Italia più difficile la chiusura della procedura per deficit eccessivo aperta a Bruxelles”. Nonostante una prima apertura, quindi, l’’Italia rischia che proprio tale pagamento da parte dello Stato aggravi a tal punto il deficit da rendere impossibile il via libera alla chiusura della procedura. Proprio per questo motivo non si applicherebbe quella “flessibilita” prevista dal Patto di Stabilità, valida solo per i Paesi che non sono ancora sotto procedura. Duro il commento di Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison e docente di Economia industriale e commercio estero presso l’Università Cattolica di Milano, che a ilsussidiario.net spiega di non capire l’inaspettato passo indietro europeo.
Cosa in particolare non la convince?
In più occasioni la Commissione Ue ha elogiato l’Italia, dicendo che al momento si trova in una posizione particolarmente virtuosa rispetto ad altri Paesi europei, eppure adesso si rende protagonista di dichiarazioni che riguardano solamente una manciata di punti decimali.
A cosa si riferisce?
Al fatto che, se anche l’Italia non avesse centrato la discesa del deficit sotto il 3% nel 2012, si tratterebbe comunque di un traguardo distante uno o due decimi, quindi la fiscalità della Commissione Ue appare quanto mai esagerata. Soprattutto quando poi ci sono altri Paesi come Francia, Olanda e Spagna che sono al di sopra di tale livello di svariati punti percentuali (o comunque molto più dell’Italia).
Come mai crede che l’Italia non debba subire un trattamento del genere?
Come sappiamo l’Italia ha applicato una durissima austerità e ha intrapreso una serie di misure che sono costate tanto a tutti i cittadini, oltre al fatto che vanta il migliore avanzo statale primario dell’occidente dopo la Norvegia. Eppure, nonostante tutto, da Bruxelles fanno sapere che il nostro Paese potrebbe avere problemi con la chiusura della procedura. Francamente mi sembra l’ennesimo segnale di un’Europa che non capisce quale sia il vero problema, cioè l’assenza di crescita e non il punto percentuale del deficit. Un’Europa, quindi, lontana anni luce dalla realtà di tutti i giorni, dalla vita dei lavoratori e di quella delle imprese.
Inoltre è proprio dal pagamento di questi debiti che potrebbe provenire uno stimolo alla crescita…
Ma certo, per questo mi sembra assurdo fermare una procedura così fondamentale per rilanciare la crescita di un importante Paese membro. In un momento grave come quello attuale, in cui tra l’altro si è riusciti a tamponare per il rotto della cuffia la crisi di Cipro, dichiarazioni di questo tipo non fanno altro che peggiorare la situazione, sia in Italia che in tutta Europa.
Come si spiega allora il dietrofront della Commissione?
Difficile da dire, ma è evidente che si tratta di una dichiarazione di natura politica, non sostanziale. Qualunque cosa possa accadere nel 2013, l’Italia presenta comunque dei conti che, al netto degli interessi sul debito, sono migliori di quelli della Germania.
Quanto rischiano adesso le imprese che da tempo attendono questi pagamenti?
Bispognerà vedere come si risolverà nei prossimi giorni questo braccio di ferro, ma è indubbio che l’Italia debba assolutamente saldare i debiti della pubblica amministrazione. Il nostro Paese non ha affatto disatteso i compiti che l’Europa aveva assegnato, quindi adesso può anche pretendere di pagare i debiti della pubblica amministrazione senza dover fare i conti con una Commissione che va a contare il punto decimale mancante. E’ difficile dire cosa produrrà questo botta e risposta, ma di certo non è così che si facilita il riavvicinamento tra gli euroburocrati e i Paesi europei. Paesi come l’Italia, che senza alzare una sola voce di protesta ha applicato un’austerità tale da provocare una caduta del Pil del 4,5% in due anni.
Come giudica sotto questo aspetto l’operato di Mario Monti?
Se l’Italia si è meritata tali margini di manovra è anche merito degli sforzi del governo Monti, capace di consentire l’avvicinamento degli obiettivi del pareggio di bilancio che la stessa Commissione chiedeva a gran voce. L’Italia, quindi, adesso potrebbe finalmente passare a raccogliere i frutti di ciò che ha seminato, eppure l’Europa non sembra volerlo permettere.
Cosa si aspetta dal prossimo governo?
E’ ovvio che un governo uscente come quello di Monti risulta essere decisamente meno incisivo di uno entrante, quindi è quanto mai necessario che dalle consultazioni di questi giorni esca un governo quanto più solido possibile che si rechi in Europa a chiedere ragioni di questo atteggiamento e a risolvere finalmente la situazione.
(Claudio Perlini)