Il referendum consultivo si è chiuso con un nulla di fatto: quorum lontanissimo dall’essere raggiunto, tutto continua come prima. Alle 19 di ieri avevano votato in 22.670, poco più del 13 per cento degli aventi diritto, circa 173mila persone. Niente da fare quindi per la consultazione promossa dal comitato Taranto Futura, che chiedeva ai cittadini di esprimersi con un sì o con un no alla chiusura degli impianti, in tutto o in parte. Ieri al quartiere Tamburi, adiacente agli impianti e dunque il più esposto all’inquinamento, i votanti erano addirittura di meno che nelle altre parti della città. Per la sostanziale “inutilità” del referendum si erano espressi i sindacati e i partiti, che avevano lasciato libertà di scelta, tranne Sel e M5S. Il movimento di Grillo però è accusato dagli ambientalisti di non essersi speso per la mobilitazione.
“A Taranto è stato commesso un crimine contro i cittadini. È necessario avviare le bonifiche, utilizzando le risorse di chi ha inquinato e aprire una nuova stagione di conversione industriale”. Angelo Bonelli, presidente della Federazione Nazionale dei Verdi, ha le idee chiare sul caso Ilva e traccia anche le linee guida per rilanciare la zona: “ora il Governo dovrebbe istituire una no tax area e fornire degli incentivi statali”.
Sono state rigettate le questioni di legittimità dei Magistrati di Taranto, la Consulta ha stabilito che la legge “salva-Ilva” è costituzionale. Qual è il suo parere su questa decisione?
Le sentenze della Corta costituzionale, come noto, sono inappellabili, non si può che prenderne atto. C’è un aspetto che manca che non è stato considerato: i magistrati avevano lavorato per fermare il conclamarsi di reati come i danni alla salute ed evitare che questo tipo di reato portasse ulteriori conseguenze, quindi fermare l’inquinamento. Ad oggi con questa Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) del Governo questo non è assolutamente garantito, come dimostrano anche le indagini fisiologiche del ministero della Sanità. Esse indicano che c’è un alto livello di mortalità e le ultime analisi del sangue fatte sui bambini rivelano un’alta concentrazione di piombo.
Cosa pensa invece dell’operato del Governo riguardo alle sorti del polo siderurgico?
Il ruolo del Governo è un ruolo assolutamente inaccettabile, un ruolo a senso unico, ha guardato solo agli interessi dell’azienda, non ha fatto investimenti, non ha fatto nulla per il risanamento. Un anno fa il Governo Monti aveva approvato un decreto destinando 336milioni di euro per Taranto, di cui solo 119 milioni per le bonifiche. A oggi nemmeno un centesimo è stato speso per bonifiche e risanamento. L’azione del governo è insufficiente.
In un suo intervento lei parlava di verità taciute. Che cosa intendeva?
I cittadini di Taranto sono stati ingannati e truffati. Innanzitutto l’azione della magistratura ha scoperchiato un pentolone di malaffare, che l’inchiesta ha evidenziato (situazioni di corruzione, gente che ha venduto la salute dei cittadini). Le verità taciute riguardano le informazioni sugli alti livelli di inquinamento e sui dati della mortalità, mai resi noti ai cittadini.
Lei ha avuto problemi in questo senso, è così?
Io sono stato denunciato dal Governo Monti per aver mostrato i dati sulla mortalità del ministero della Sanità tenuti nascosti nel cassetto. Poi è arrivata la conferma che i dati che ho fornito erano corretti, erano del ministero. E allora mi chiedo: perché si è aspettato così tanto tempo per dire la verità ai cittadini di Taranto? Perché quello che dovevano fare le istituzioni l’ha dovuto fare la Procura della Repubblica di Taranto? Sono verità drammatiche e totalmente inaccettabili.
Quali dati erano emersi?
Lo studio del progetto “Sentieri” dell’Istituto superiore della Sanità aveva rilevato in provincia di Taranto nel 2003/2008 un +24% per i tumori del fegato e dei polmoni, un +38% per i linfomi, e addirittura un +306% per i mesoteliomi.
Secondo lei Taranto può ancora essere salvata? E come?
Sì. Sarebbe possibile attraverso un processo di conversione industriale guardando a ciò che è accaduto in alcuni paesi europei, tra cui Bilbao e il bacino carbonifero della Ruhr in Germania. Si tratta, appunto, di situazioni simili rispetto a Taranto. Oggi Bilbao, caratterizzata da sempre da grossi complessi industriali, è una delle città al mondo con i livelli più alti livelli di Pil e di occupazione perché sono riusciti ad avviare un processo di conversione industriale. A Taranto si può fare lo stesso: si possono avviare iniziative forti.
Secondo lei si possono ancora conciliare a Taranto salute, lavoro e ambiente?
Certo. Salute, lavoro e ambiente si devono conciliare. Non sono conciliabili ovviamente attività che introducono diossina o inquinanti che producono morte. Se lei mi chiede se quest’industria può essere ambientalizzata? Le rispondo di no, perché dovrebbe essere rasa al suolo e ricostruita e non ne varrebbe la pena dal punto di vista economico. E quindi va realizzato un qualcosa di nuovo. Io non dico che l’acciaio non si debba fare, anzi, il punto è che oggi questo polo siderurgico sta dentro la città e non è possibile.
Secondo lei cosa accadrà? Qual è il futuro di quest’azienda?
Io penso che l’azienda sia allo sbando, tra un ex amministratore delegato latitante, altri con ordini di custodia cautelare. Pare che il Governo abbia preso le redini, si tratta di capire se riusciranno a venderla. Il punto è che non conosciamo il piano industriale dell’Ilva e se intenderà investire quei tre miliardi di euro necessari per applicare le prescrizioni previste dall’Autorizzazione Integrata Ambientale.
Taranto è stata abbandonata dalle istituzioni?
Sì. Sono stati promessi milioni di euro mai arrivati, dirottati, facendo credere ai cittadini tarantini che tutto si stava mettendo a posto, che la qualità dell’aria era migliore, che si moriva di meno: questo dicevano gli esponenti istituzionali nel novembre 2011. Dopo di che è arrivata la Procura a dimostrare il contrario, e cioè che la situazione era drammatica.
Come deve intervenire su Taranto il prossimo Governo?
Dichiarare Taranto un’area no tax (con l’obiettivo di attirare in città imprese dall’Italia e dall’estero) perché attraverso questo strumento economico si può determinare una svolta economica e occupazionale per costruire un’alternativa, uno sviluppo diverso e una conversione industriale e poi usare i fondi di chi ha inquinato per le bonifiche.
(Elena Pescucci)