Per uscire dalla crisi occorre utilizzare le riserve auree della Banca d’Italia. Ad affermarlo sono Fulvio Coltorti e Alberto Quadrio Curzio in un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, dal titolo “Bankoro, un piano per sfruttare le riserve auree”. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, per chiedergli di commentare questa proposta.



A quali esigenze vuole dare risposta il programma Bankoro?

Lo scopo della proposta di Coltorti e Quadrio Curzio è quello di risvegliare gli animi, stimolando a uscire dall’inerzia complessiva che non riguarda solo la politica, ma anche i tecnici dell’economia, i banchieri centrali e gli economisti. Tutti quanti dovrebbero cercare di trovare delle soluzioni a una crisi italiana che è abbastanza peculiare rispetto agli altri Paesi.



In che senso?

Noi non abbiamo le finanze dissestate di Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro. I nostri conti statali, faticosamente e con il sacrificio degli italiani, sono stati messi su sentieri virtuosi che nemmeno la Germania riesce a pareggiare. Tuttavia abbiamo una crisi dell’economia reale provocata dall’austerità, la quale sullo sfondo ha un’enorme crisi di liquidità. Il nostro sistema bancario, preso in mille morse, appare cioè incapace in questo momento di assicurare il necessario flusso di liquidità alle imprese.

Che cosa prevede in sostanza la proposta di Coltorti e Quadrio Curzio?



Le riserve auree hanno avuto una rivalutazione enorme, che non è mai stata trasformata in beneficio dalla Banca d’Italia. L’idea di Coltorti e Quadrio Curzio non consiste nel vendere le riserve auree, ma nel far sì che la Banca d’Italia le conferisca a un soggetto terzo e nello stesso tempo realizzi una plusvalenza che sarebbe tassata. Queste entrate eccezionali nell’ordine di alcuni miliardi di euro confluirebbero al Tesoro, che le utilizzerebbe per ricapitalizzare la Cassa depositi e prestiti, permettendole di diventare l’azionista di maggioranza della Banca d’Italia.

Ma gli azionisti di Bankitalia non sono le banche private?

La Banca d’Italia realizzerebbe appunto un buyback. Soggetti pubblici come l’Inps rimarrebbero al suo interno e la liquidazione delle banche private permetterebbe a queste ultime di entrare in possesso di un’ingente quota di capitale. Ciò migliorerebbe, vendendo le loro quote partecipative, i loro cor tier 1, realizzando una maggiore capacità di intervento sul sistema economico per finanziare le imprese.

 

In che modo le riserve della Banca d’Italia possono essere utilizzate in modo integrato rispetto agli Eurobond?

La proposta su Bankoro è un modo per dimostrare che le riserve auree giacciono praticamente inutilizzate. Se non le vuole utilizzare l’Europa per un progetto di Eurobond, le utilizzi almeno l’Italia per un progetto che serva a rimettere ordine in una situazione che vede le banche private azioniste con una quota importante della Banca d’Italia. Nello stesso tempo attraverso l’utilizzazione delle riserve auree e il loro conferimento a questo fondo veicolo si paleserebbe una riutilizzazione delle riserve stesse che permetterebbe allo Stato di incassare una tassa enorme.

 

Quali sarebbero le conseguenze?

Ciò permetterebbe a sua volta allo Stato di dotare la Cassa depositi e prestiti dei mezzi necessari per subentrare ai soggetti privati nel capitale della Banca d’Italia. A questo punto si ripristinerebbe la situazione originaria, con la Banca d’Italia che tornerebbe a essere controllata di fatto dal sistema pubblico, pur restandone del tutto autonoma e indipendente per ciò che concerne la politica monetaria. Avremmo il vantaggio che l’uscita delle banche private permetterebbe loro di dotarsi di un capitale supplementare che in questo momento apparirebbe quasi miracoloso. Le banche private sarebbero infatti remunerate con il nuovo capitale iniettato loro attraverso la vendita delle loro quote, che nel frattempo sarebbero aumentate di valore.

 

(Pietro Vernizzi)