In Spagna è divampata la polemica politica tra il governo centrale Popolare e la giunta regionale Socialista dell’Andalusia. Quest’ultima ha deciso, per far fronte alla terribile crisi economica che ha colpito quella regione, di sequestrare temporaneamente gli alloggi sfitti a favore di coloro che sono stati colpiti dallo sfratto e che si trovano in condizioni di accertata povertà. Ciò che ci interessa non è la questione in sé, dal punto di vista costituzionale, e che ora infiamma la polemica spagnola, quanto il fatto che lì siamo davanti a un governo regionale che si fa carico del disagio sociale, anche se in maniera assai discutibile. Basterà ricordare che l’Andalusia espropria perché gran parte delle sue abitazioni “sociali”, ossia di proprietà pubblica, sono state occupate da movimenti spontanei o guidati da gruppi dell’estrema sinistra. Ricordo tra parentesi che simili occupazioni sono in corso da molto tempo a Roma senza che nessuna forza politica sollevi la questione. Spicca l‘eccezione dell’ex parlamentare ed ex prefetto Serra, che ha ripetutamente sollevato il tema senza nessun successo. Quello che mi interessa constatare qui è che in Spagna la condizione umana dei colpiti dalla crisi, in un modo o in un altro, solleva l’attenzione della classe politica. In Italia non succede assolutamente nulla. E questo è veramente stupefacente e, teoricamente, dolorosamente interessante.



Venerdì la Confindustria a Torino ha ricordato, con un minuto di silenzio, la morte di migliaia e migliaia di piccole imprese. Che i becchini della Ragioneria dello Stato e del Ministero del Tesoro, Canzio e Grilli, non abbiano fatto una piega, come si dice volgarmente, non stupisce: svolgono il compito che è stato affidato loro dalla tecnocrazia finanziaria sovranazionale, ossia scientemente distruggere l’impresa italiana, grande o piccola o media che sia, purchè sia produttiva. E questo perché in un Paese che non avrà più impresa produttiva ma solo articolazioni statali, che estrarranno l’imposta da nuovi schiavi lavoratori in imprese non produttive, quella tecnostruttura di morte potrà rifulgere in tutto il suo splendore e dominare il Paese.



I partiti non si accorgono proprio di questo: che il grande inceneritore di via XX Settembre a Roma sta distruggendo la riproduzione del pluralismo che non si fonda solo sulla circolazione delle classi politiche ma, in primo luogo, sulla riproduzione della società civile, così come la intendevano Fergusson e Hegel, ossia sulla proprietà privata produttiva.

Il problema è che le classi politiche di oggi, soprattutto quelle di estrazione democratica di sinistra, credono che la società civile sia quella fondata sulla muscolare comicità tragica di Grillo & Soci, ossia sull’immediatezza volitiva della “gente” che rende manifesta la sua vociante fisicità, senza mediazione culturale alcuna (verifica lombrosianamente attraverso le interviste ai deputati e senatori grillini). Quindi, mentre in Spagna qualcosa si fa, qui non solo non si fa nulla, ma si è creata la condizione istituzionale per continuare a non fare nulla.



Un vetusto Presidente della Repubblica, nobile finchè si vuole ma sprovveduto, ci ha cacciati nel semestre bianco e ora siamo ridotti al punto di capovolger di fatto il principio stesso della democrazia parlamentare, ossia quello per cui è il Parlamento che elegge il Presidente. Ora si spera, invece, che sia il Presidente a dar forma al Parlamento, disperdendo le tensioni create dal Pd, che continua a rifiutare un governo di unità nazionale con il Pdl, che è l’unica soluzione per far qualcosa a favore di coloro che di crisi stan soffrendo, spesso sino a morirne.