Si suol dire che sia la vera cassaforte italiana e, in effetti, i numeri lo confermano: con un attivo di 305,4 miliardi di euro, 139.062 miliardi di liquidità, e una raccolta postale di 233,6 miliardi, la Cassa depositi e prestiti dispone di una potenza di fuoco impressionante che, ormai da qualche anno, si  sta cercando di orientare verso bersagli mirati, al fine di rilanciare la crescita del Paese. Attualmente, in particolare, sono stati investiti 30 miliardi su 3 fronti: sostegno agli enti locali, ipotesi d’acquisto della rete Telecom e finanziamento alle piccole e medie imprese. A quest’ultimo capitolo, in particolare, sono stati destinati 18 miliardi (2 per lo sblocco dei crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni). Bernardo Bertoldi, docente di creazione d’impresa alla Facoltà di Economia dell’Università di Torino, ci spiega  qual è il modo migliore per investire questi soldi.



Come dovrebbe muoversi la Cdp?

La Cdp in questo momento partecipa, in particolare, a due grandi fondi: il Fondo strategico italiano (interviene per finanziare aziende di interesse nazionale quando sono a rischio di acquisizione dell’estero) e il Fondo Italiano d’Investimento, comunemente chiamato Fondo Pmi. Quest’ultimo, evidentemente, è lo strumento principale con il quale operare.



Come?

Parte delle risorse possono essere messe a disposizione dell’aumento della quota di capitale delle imprese. Tenendo presente il fatto che esse, spesso, sono sottocapitalizzate solo astrattamente. Capita, infatti, che quando il piccolo imprenditore ottiene un prestito, metta a garanzia beni personali, solitamente l’abitazione. La sottocapitalizzazione, quindi, viene sovrastimata; l’ipoteca sull’abitazione, infatti, è considerato capitale di rischio, e viene calcolata nel computo del debito. Credo, in ogni caso, che il metodo migliore per uscire dalla crisi sia un altro.

Quale?

Sono le banche che devono prestare denaro alle imprese. Come è noto, tuttavia, il sistema creditizio, versa in una situazione particolarmente complicata, avendo molte difficoltà a raccogliere liquidità sul mercato secondario. La Cdp può agevolare, quindi, le banche nel fare al meglio il proprio mestiere. E può farlo in due modi: prestando direttamente soldi alle banche che, a loro volta, li prestano alle imprese; o usando il Fondo di conto garanzia. Ecco, quest’ultimo, in questa fase, è probabilmente lo strumento migliore in assoluto. 



Ci spieghi in che modo.

Si tratta di uno strumento estremamente potente ed efficace – utilizzato normalmente per garantire i confidi locali – perché moltiplica l’entità dei prestiti. Per intenderci: poniamo che una banca abbia calcolato che, normalmente, il 5% dei soldi che dà in prestito non rientra, va perduto. Se quel 5% ammontasse, per esempio, a 10 miliardi, e se la Cdp mettesse a disposizione quei 10 miliardi come garanzia, la banca potrebbe, a quel punto, liberare serenamente 200 miliardi di euro di prestiti. A quel punto, infatti, sarebbe garantita sulle perdite.

 

Perché queste  operazioni non sono già state effettuate in misura massiccia e repentina?

Vede, il fatto è che, negli ultimi anni, quando le risorse pubbliche hanno iniziato a scarseggiare, sono stati aggiunti alla Cdp compiti e obiettivi diversi da quelli che aveva inizialmente. E, per aggiornare meccanismi, procedure, e dotarsi di tutti gli strumenti burocratici e amministrativi per poter funzionare, ci vuole del tempo. 

 

18 miliardi non sembra una gran cifra…

In realtà, lo è. Dobbiamo considerare, infatti, che gran parte delle risorse della Cdp consistono in partecipazioni statali, e non corrispondono quindi a liquidità effettiva; inoltre, la Cassa, nell’utilizzo dei depositi postali dispone di una flessibilità limitata, come è ovvio che sia, trattandosi dei risparmi degli italiani. 

 

(Paolo Nessi)