Come è noto, Beppe Grillo considera i giornalisti poco meno che scarafaggi. Ma solo quelli italiani. Con la stampa estera, come ha più volte dimostrato in passato, non ha alcun problema. Ieri, per esempio, ha rilasciato un’intervista al tabloid tedesco Bild, in cui ha spiegato che, in Italia, «le piccole e medie imprese falliscono» mentre «tra settembre e ottobre il governo avrà difficoltà a pagare le pensioni e gli stipendi». Insomma, faremo bancarotta. Abbiamo chiesto a Mario Lettieri, ex sottosegretario all’Economia del governo Prodi, cosa ne pensa della teoria del capo dell’M5S.
Lo Stato rischia realmente di non essere più in grado di pagare stipendi e pensioni?
Lo escludo del tutto. La ricchezza complessiva del Paese, costituita anche dal risparmio privato, è estremamente alta. E’ indubbio, tuttavia, che abbiamo un debito mostruso, che va aggredito.
Come?
Si potrebbe istituire un fondo pubblico, con parte degli immobili dello Stato o altri beni pubblici come garanzia. Tale fondo potrebbe rappresentare il capitale di base attraverso cui emettere credito. Attraverso una leva moderata (in grado di ottenere, da 50 miliardi di euro 150), in un certo numero di anni sarà possibile abbattere il debito in maniera sostenibile.
Le dichiarazioni di Grillo rischiano di determinare ripercussioni sulla percezione degli investitori stranieri?
L’economia viene, sovente, determinata dalle scelte, dai comportamenti e dalla credibilità, sul piano internazionale, della politica. Bisogna dire che, per ora, grazie alla rielezione di Napolitano e al suo discorso, la borsa e lo spread stanno reagendo bene.
E le agenzie di rating? Loro potrebbe prendere sul serio le affermazioni del capo dei 5 Stelle?
Tendenzialmente, le agenzie guardano, più che altro, alla portata dei provvedimenti adottati e, anch’esse, ai comportamenti dell’intero scenario politico.
Grillo si è anche detto convinto del fatto che le Pmi rischiano la bancarotta.
Effettivamente, le pmi versano in una condizione di estrema difficoltà.
Quindi?
E’ imperativo che il governo sia istituito nei tempi più rapidi possibili. E che sia posta grande attenzione, in particolare, sulle attività produttive. In tal senso, è prioritario procedere, effettivamente, con lo sblocco dei pagamenti alle imprese.
Perché “effettivamente”?
Il decreto sin qui approvato dal governo dovrà essere modificato in Parlamento. Attualmente, consta di tanti e tali passaggi per adempiere ai quali le pmi impiegheranno così tanto tempo che, nel frattempo, molte chiuderanno. Questo a causa delle inefficienze e delle storture dell’apparato burocratico-amministrativo. Occorre, quindi, snellire le procedure in modo da consentire lo sblocco dei crediti in pochi giorni, non in pochi mesi, come adesso.
Quali sono le altre priorità del governo?
La seconda misura da assumersi quanto prima è l’immediata restituzione dell’Iva anticipatamente versata dagli imprenditori all’Erario. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ha assicurato che saranno restituiti almeno 11 miliardi di euro. C’è da sperare che lo siano realmente. Infine, è necessario aumentare la capacità di spesa delle famiglie meno abbienti. Esse, infatti, se dispongono di cento euro in più al mese li spenderanno, quelle più abbienti no.
In generale, di chi è la responsabilità della situazione?
Anzitutto, e ovviamente, dell’intera classe politica; ma anche gli imprenditori hanno fatto la loro parte. Basti pensare alla forsennata politica della delocalizzazione, alla diffusissima evasione fiscale, all’erogazione di lavoro nero o al riciclo di denaro proveniente da attività illecite. Non dimentichiamo, infine, che alla situazione hanno contribuito gli alti burocrati e funzionari dei ministeri e degli organi dello Stato. Personaggi altamente sopravvalutati (un capo gabinetto di ministero prende 500mila euro l’anno, più di un ministro) che hanno ottenuto una rendita di potere invalicabile. Mentre i ministri passano, infatti, loro restano.
(Paolo Nessi)