La crisi italiana è dovuta principalmente all’inefficienza del modello politico-economico nazionale e al debito eccessivo, ma viene amplificata da vincoli europei che ostacolano sia le riforme di efficienza, sia la ripresa. Per esempio, se l’Italia volesse finanziare in deficit un forte taglio di spesa e tasse, che ha bisogno di un tempo tecnico prima di produrre un nuovo equilibrio di bilancio, le regole Ue di rispetto annuale dei limiti di deficit pubblico lo vieterebbero. La dottrina formale europea, infatti, recita che l’equilibrio di bilancio statale annuo debba restare costante.



Per tale motivo un governo nazionale ha le mani legate e può rispondere solo con soluzioni minime alla domanda di reflazione e sviluppo da parte di una società in crisi. La differenza tra quello che si dovrebbe fare, e che si potrebbe fare, e ciò che l’Eurozona permette, si trasforma in disoccupazione. Tale configurazione disfunzionale del sistema europeo trova causa storica nel rifiuto delle nazioni, in particolare Germania e Francia, di creare un governo unico europeo, cioè un’Europa confederale. Senza tale funzione centrale ogni nazione, per poter far parte del complesso, deve rispettare parametri restrittivi.



In sintesi, per poter avviare la costruzione europea è stato preso (intenzionalmente?) il rischio di impoverimento delle nazioni. Questa fragilità del disegno è stata aggravata sul piano delle regole per la moneta unica. La Banca centrale europea non può fare politiche monetarie per stimolare l’economia, per esempio acquistare debito degli Stati per rinforzarne l’affidabilità, come stanno facendo altre nel mondo, o manovre che implicano un rischio di inflazione. Nell’Eurozona tale rischio, pur controllabile, è escluso a priori. E anche questa rigidità si traduce in disoccupazione.



Cosa può attendersi l’Italia da un’Europa così configurata a sostegno delle azioni di inversione delle crisi? Poco: (a) se a fine maggio la Ue farà terminare la procedura di infrazione per deficit eccessivo italiano ciò comporterà il recupero di circa 10 miliardi di flessibilità di bilancio e altri 5 circa per effetto positivo indiretto sui costi di rifinanziamento del debito; (b) la Bce sta studiando procedure per il finanziamento non bancario, via obbligazioni, per le Piccole e medie imprese allo scopo di ridurre la devastante crisi del credito.

Ma intanto cerchiamo di ottenere questo “poco” che comunque ci salverà dal disastro. Poi tutto il modello europeo andrà rivalutato perché così come è non potrà avere continuità.

 

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