Già, la crisi iniziò dopo aver dato a soggetti con basso merito di credito, i subprime, la possibilità, acquistando casa, di integrare il loro smilzo reddito per fare la spesa. Geniale. Il meccanismo: un contratto fondiario con dentro una postilla; “rifinanziamento” si chiama, se cresce il valore dell’immobile acquistato consente di renderlo moneta. Se si fanno prestiti a tutti, prime e subprime, tutti comprano casa; salgono i valori immobiliari, sale il prezzo. Si torna in banca, si monetizza quell’aumento di valore; un bel effetto ricchezza, a debito però.
Un trucco, e che trucco, buono per fornire liquido monetario, buonissimo per spendere. Ha funzionato, ha fatto spendere e crescere il Pil, ma quando quel valore troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente. Il meccanismo salta, inguaia tutto, prima di tutto la spesa. Gli spenditori tornano a marcare visita, l’economia pure.
Altro giro, altra trovata: per dar sostegno ai prezzi si mettono in campo politiche monetarie ultra espansive in grado di fornire a tutti denaro a debito per fare la spesa. Pure qui quando quel debito troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente. Il credito diventa inattingibile; agli screditati viene a mancare pure la spesa e siamo a carte quarantotto.
Poi una parte di quel mondo, accortosi di cotanto debito generato da quelle politiche, ci pensa su e…austerity! Sì. Tocca ridurre il disavanzo, riaggiustare i bilanci. Per farlo si va in recessione, indi ancor meno capacità di reddito, ancor meno capacità di fare la spesa. Bene, oggi siamo qui, ma non è finita. Per non farci mancare nulla leggete quanto dice l’Istat su inflazione e classi di spesa dei nuclei familiari: tra il 2005 e il 2012 i prezzi al consumo per le famiglie con alta propensione al consumo e basso reddito disponibile sono aumentati del 20,2%, a fronte dell’incremento del 16,0% registrato per l’inflazione che ha pesato sulle famiglie con redditi più alti ma più bassa propensione al consumo. Botte, corna e chitarra rotta insomma.
Ricapitoliamo: all’inizio furono i redditi erogati dalle imprese a chi lavora per produrre merci e servizi a mostrarsi insufficienti a smaltire quanto prodotto. Quelle tecniche e quei trucchi sono stati messi in campo per riparare quegli squilibri senza riuscirvi granché. Oggi, quando pure l’inflazione fa brutti scherzi, si riduce ancor più la capacità di spesa per quegli già smilzi redditi: la misura è colma, la crisi ancor di più.
È tempo di guardare oltre. Risoluto e cangiante si mostra un paradigma, nuovo di zecca, in grado di riportare in equilibrio il sistema. Sta lì tra i fatti, occorre usarlo per riorganizzare proprio quei fatti. Dice: la crescita si fa con la spesa; così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quel reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera. Prosit.