Il governo Letta ha approvato il decreto legge “del Fare” che comprende 80 misure per permettere all’economia italiana di ripartire. Tra i provvedimenti ci sono l’impignorabilità della prima casa, 5 miliardi per gli investimenti delle imprese, l’assunzione di 1.500 professori ordinari e di 1.500 ricercatori nelle università, l’indennizzo per i ritardi nella Pubblica amministrazione e 3 miliardi per le opere pubbliche che permetteranno di creare 30mila nuovi posti di lavoro. Ilsussidiario.net ha intervistato Guido Gentili, editorialista de Il Sole 24 Ore.
Quali sono i principali punti di forza del decreto legge “del Fare”?
Dal punto di vista del metodo, il primo punto di forza consiste nell’avere attuato dei provvedimenti con un’operatività specifica, ciascuno preso per sé. Tutte le cose più importanti sono state inserite in un decreto legge, e quindi la parte operativa non viaggia divisa tra disegni di legge e decreti legge. Ciascuno di questi interventi può offrire un contributo in chiave pro-crescita.
Quali sono invece i limiti del decreto o le cose che si potevano fare e che non sono state fatte?
Dal punto di vista dell’ambizione della manovra siamo ancora in una fase interlocutoria, in quanto per la scarsità delle risorse a disposizione rimane irrisolto il nodo della politica fiscale. Al di là della proroga della sospensione dell’Imu sulla prima casa al 17 giugno e del probabile rinvio dell’aumento dell’Iva per tre mesi dal primo luglio, il problema è che cosa fare a livello fiscale per dare un’impronta significativa in favore della crescita. Su questo non è stata ancora presa una decisione definitiva.
Quali altri punti restano in ombra nella nuova norma?
Due in particolare: il discorso su eventuali tagli alla spesa e il dossier sulle agevolazioni fiscali, che hanno un impatto sul gettito da 250 miliardi. Di questi, 150 riguardano le agevolazioni sulla persona, per esempio attraverso l’Irpef, e non possono essere tagliati perché farebbero crescere la pressione fiscale in particolare sulle categorie più deboli. Sui restanti 100 si potrebbe però intervenire.
Per Berlusconi non ci sono dubbi né sul taglio dell’Imu, né sul blocco dell’incremento dell’Iva. E’ davvero così?
In realtà, la risposta a questi interrogativi rimane in sospeso. Sappiamo che l’Europa non considera prioritaria l’abolizione dell’Imu, mentre considera che vada attuato anzitutto il taglio del cuneo fiscale. Lo ha fatto capire chiaramente con le raccomandazioni fatte quando siamo usciti dalla procedura d’infrazione. Le ipotesi fatte però, come un taglio secco di 10 punti delle tasse su lavoro, costano fino a 20 miliardi e rappresentano quindi delle scelte “epocali”.
Che cosa ne pensa invece della parte del decreto relativo a Equitalia?
Ritengo importante che attraverso il Decreto del Fare si punti a introdurre un fisco meno oppressivo. In sostanza, si traduce in decreto-legge la proposta fatta dalla commissione Finanze della Camera dei deputati, il cui primo firmatario era Daniele Capezzone. Sia dal lato della rateizzazione dei debiti con Equitalia, sia dal lato del pignoramento della prima casa, ciò rappresenta un passo avanti notevole oltre che una scelta di civiltà e di legalità.
Per Oscar Giannino, nel decreto manca la parte più importante, “l’abbattimento della spesa pubblica, con un piano programmato e quindi con una conseguente riduzione della pressione fiscale”. E’ d’accordo con lui?
Sono d’accordo, ma non dimentichiamo che tagliare la spesa pubblica può volere dire tutto e nulla. Nel momento in cui c’è un’acuta recessione, a seconda di come tagliamo rischiamo di aggravare la recessione. Con domanda e consumi bloccati, bisogna stare molto attenti. Occorre analizzare la mappa della nostra spesa pubblica che ammonta a 300 miliardi.
Lei da dove incomincerebbe a tagliare?
Dai servizi pubblici del capitalismo municipale all’italiana. Va inoltre risolto il problema delle province, e occorre intervenire sui trasferimenti alle imprese, rispetto a cui la stessa Confindustria ha detto di essere favorevole a una totale abolizione in cambio di una riduzione fiscale. Mi sembra uno scambio assolutamente corretto, e visto che lo dicono gli stessi imprenditori sarebbe un’occasione da prendere al volo.
(Pietro Vernizzi)