In Europa il 2013 si prevede assai diverso dalla situazione statunitense e giapponese. Le due nazioni  paiono incamminarsi, con ritmi diversi e ostacoli di mercato finanziario e borsistici  non indifferenti, verso un seppur incerta e lenta ma sicura ripresa. Diverso sarà il caso europeo. Come affermano con grande competenza Michael Vaknin, Paul Eitelman e Jeff Grenberg, di JP Morgan, che continua a essere il punto di riferimento analitico più sicuro nella prospezione di medio e lungo periodo, la differenza sostanziale tra l’Europa e gli altri due centri dell’accumulazione mondiale continuerà a  essere spiccata.



Vi è una  differenza sostanziale nelle prospettive di crescita: nel breve periodo, infatti, si delineano timide  dinamiche di miglioramento settoriale e di filiera tecnologica e di aree di consumo, ma  profondi problemi strutturali ostacolano la crescita in un orizzonte temporale più ampio. Rispetto agli Usa, la minore crescita che ha caratterizzato l’Europa è ascrivibile all’abbattimento dei debiti del settore privato: il cosiddetto deleveraging, che negli Stati Uniti si è già concluso da tempo. Inoltre, e questo è decisivo, permangono condizioni monetarie relativamente restrittive che tengono il continente sempre e ancora sull’orlo dell’abisso monetario, sociale: la Bce non ha fatto molto altro se non tenere in vita l’euro e nulla di più ha potuto fare.



Si continua solo a prendere tempo, ma mancano gli stimoli per una vera ripresa. Si tratta di fasci di forze depressive che nei prossimi trimestri non subiranno grandi modifiche: pertanto la crescita in Europa è destinata a rimanere molto contenuta, se non assente, mentre quella statunitense sta migliorando. Molti sostengono che  l’economia è rimasta in recessione per un periodo talmente lungo che ormai una ripresa ciclica è più che probabile, anche se solo parziale. Io continuo a essere scettico e penso che il peggio industrialmente debba ancora arrivare.

È pur vero che appare all’orizzonte una politica fiscale  meno gravosa  e che gli obiettivi ufficiali in termini di deficit sono stati posticipati di alcuni anni. Gli analisti che ho ricordato ritengono che dalla flessione subita dall’euro, l’Europa nel complesso emergerà dalla recessione nel secondo semestre di quest’anno.



Di recente le indagini sui consumatori e sulle imprese hanno mostrato una ripresa rispetto ai livelli molto bassi registrati in precedenza, e anche il momentum sequenziale dei dati quantitativi (vendite al dettaglio, vendite di automobili, produzione industriale) ha segnato una svolta in positivo. Ma questo non investe l’Italia, la Spagna e il Portogallo, che continuano a sprofondare.

Se si avrà un miglioramento della crescita, esso avverrà senza un vero sostegno monetario in stile Fed e sarà difficile vedere una crescita superiore all’attuale 1% in Europa nei prossimi 18 mesi. Quindi per l’Europa del Sud l’ora della verità si avvicina. Ecco giungere il primo grande caldo di un’estate che può essere torrida.