ADR, società con sede nella provincia di Varese, è un gruppo a forte caratterizzazione internazionale. Produce assali e sospensioni per macchine agricole, ha un fatturato di 170 milioni di euro e un migliaio di dipendenti in tutto il mondo. Oltre che in Italia, ha sedi in Francia, Gran Bretagna, Polonia, Cina e Canada. Dal 2002 è presente anche in Brasile, dove sta ottenendo risultati eccellenti. Proprio dell’esperienza brasiliana abbiamo parlato con Flavio Radrizzani, titolare della capogruppo, che ci ha spiegato i motivi di questo ennesimo successo imprenditoriale.



Parliamo del Brasile. Siete partiti nel 2002 con una joint venture, oggi in che situazione vi trovate?

Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 abbiamo praticamente raggiunto il nostro obiettivo: migliorare le tecniche di trasporto della canna da zucchero, uno dei principali prodotti agricoli brasiliani. Oggi, in Brasile, tutte le macchine agricole di ultima generazione sono equipaggiate con nostri prodotti.



Che caratteristiche hanno le macchine agricole di ultima generazione?

Le macchine agricole che montano i nostri assali e le nostre sospensioni sono generalmente mezzi di grossa portata. Grazie alle più moderne soluzioni ADR (progettate e realizzate sfruttando anche la raffinatezza e la precisione dei sistemi per produrre made by italians), queste macchine hanno una miglior distribuzione delle masse sul terreno e una maggiore stabilità che si tramuta in un’usura degli pneumatici e dell’impianto frenante inferiore e in una minor compattazione sul terreno. Oltre ai vantaggi per gli utilizzatori finali, vi sono quelli per i costruttori: questi sistemi offrono la possibilità di adattare senza problemi la larghezza dei gruppi a quella dei vari telai, consentendo l’istallazione delle sospensioni standard senza i problemi di staffaggio.



Che particolarità ha il mercato brasiliano?

Quello brasiliano è un mercato molto protezionista, non è facile introdurre nuove merci per via della complessa giurisdizione che ostacola l’importazione di prodotti per cui esiste analoga produzione in Brasile. A meno che non si dimostri, attraverso un complesso iter burocratico, che il prodotto importato presenta vantaggi competitivi netti rispetto a quello realizzato in Brasile (in questo caso il bene non è soggetto a dazi), la merce importata subisce una tassazione a cascata molto elevata. Inoltre, prima dell’importazione, gli enti brasiliani esigono certificare che il prodotto importato sia effettivamente funzionale e determinante ai fini dell’obiettivo dichiarato dall’importatore.

Cosa c’è di strano in questo?

Nulla, è una pratica corretta, però alcuni parametri di riferimento sono veramente molto stringenti. Ad esempio, il servizio di assistenza e manutenzione è un aspetto assolutamente determinante nei processi di scelta degli utilizzatori locali, i brasiliani hanno necessità che noi non abbiamo. Penso alla stagione del taglio della canna, che inizia verso fine aprile e per 8 mesi impegna le macchine agricole 24 ore al giorno, una situazione di questo tipo necessità di un’attenzione specifica. Poi a fine stagione rimangono fermi per 3-4 mesi e fanno la manutenzione completa di tutto il parco macchine. Per questo sono molto pignoli con noi produttori: vogliono un’assistenza tecnica chiara e in loco.

 

Che tipo di difficoltà avete incontrato?

Inizialmente i brasiliani utilizzavano mezzi agricoli semplici ed economici, infatti per noi era impossibile entrare nel mercato, al contempo però avevano un grosso problema: la canna da zucchero cresce a seconda della quantità d’acqua che penetra nel terreno e le macchine agricole impiegate in Brasile, montavano gomme che schiacciavano molto il terreno, così col passare degli anni, il terreno produceva meno perché l’acqua scivolava via anziché penetrare nel sottosuolo.

 

Come è stato risolto questo problema?

Hanno cominciato a utilizzare gomme a bassa pressione, come quelle che si usano in Europa. Ma i loro assali e le loro sospensioni non erano adatti e questo si tramutava in un ampio e disomogeneo consumo delle gomme; e le gomme a bassa pressione costano molto di più rispetto a quelle tradizionali.

 

Qui arrivate voi

Esatto, le nostre sospensioni e i nostri assali autosterzanti sono diventati la soluzione determinante per ottimizzare i costi d’acquisto delle gomme a bassa pressione. La loro necessità di non schiacciare troppo il terreno e di sfruttare adeguatamente le gomme è divenuta il nostro chiavistello per penetrare il mercato.

 

È questa l’unica componente del vostro successo in Brasile?

No, non solo…tramite le nostre soluzioni i rimorchi delle macchine agricole brasiliane, che prima avevano 2 assali, oggi ne hanno 4. Questo ha prodotto una capacità di carico doppia che ha dimezzato i tempi di lavoro e i consumi di carburante. Benefici che vanno a sommarsi al minor consumo delle gomme e hanno creato un vantaggio competitivo tale da giustificare l’importazione della tecnologia.

 

Adesso le cose vanno a gonfie vele: nei primi due mesi del 2013 avete fatturato quanto l’intero 2012, giusto?

A marzo di quest’anno avevamo già realizzato un fatturato superiore a quello registrato nell’arco dell’intero 2012. E abbiamo buone prospettive anche per la prossima stagione, considerato il vantaggio in più della quale disponiamo oggi…

 

Quale vantaggio in più?

Il carico, per il nostro settore, è sempre stato stagionale, da gennaio fino a luglio. In Brasile, invece, la stagione si apre a settembre e prosegue fino a marzo-aprile, praticamente il contrario di quanto accade in Europa, un incastro perfetto che fa esattamente il nostro gioco.

 

L’innovazione è una delle vostre principali qualità. Quanto investe ADR nell’innovazione?

Abbiamo due linee di innovazione, una specializzata nell’innovazione di prodotti e una sui mezzi di produzione. I nostri gruppi di ricerca più evoluti si trovano in Italia e in Francia. Il laboratorio italiano è in grado di eseguire tutte le omologazioni per il mercato europeo, quello francese invece è specializzato nelle prove su strada.

 

Che prospettive avete per il futuro?

A parte il Brasile, puntiamo a Stati Uniti e paesi dell’est Europa, dove i mezzi di trasporto agricoli sono ancora poco sviluppati. In pratica, c’è da fare tutto quello che è stato fatto negli anni ‘60 in Europa occidentale ed è lì che pensiamo di portare il nostro valore aggiunto.

 

Qualche esempio?

Stiamo ottenendo buoni risultati in Russia, Ucraina, Bielorussia, ma anche in Estonia, Lettonia, Lituania, fino alla Mongolia e ai confini della Cina.