Momento critico su cui riflettere a fondo. La ripresa dell’economia italiana prevista nel secondo semestre del 2013 e nel 2014 sarà troppo poca e lenta. Le tendenze correnti fanno prevedere un Pil negativo nel 2013 tra il -1,5% e il -1,8% e il ritorno a uno positivo nel 2014, ma tra lo 0,4% e lo 0,7%. Tale “rimbalzino” della crescita sarà insufficiente per riassorbire la disoccupazione generata nel periodo della crisi recessiva del mercato interno (mentre l’export è sempre andato bene), che infatti l’Istat stima aumentare ancora fino al 12,3%, con numeri impressionanti al riguardo della disoccupazione giovanile.
Il momento: l’ottimismo economico sta tornando in molti settori perché ci sono i segni di inversione della tendenza recessiva, ma viene raffreddato da una ripresa troppo fiacca. I rischi prevedibili di questa nuova fase economica: (a) stagnazione prolungata che di fatto comporta una lenta deindustrializzazione strutturale; (b) nelle fasi di crisi acuta sono improbabili conflitti sociali, ma in quelle di stagnazione con elevata disoccupazione endemica potrebbero scoppiare, violentissimi (nel picco di crisi resta la speranza di una soluzione a breve, nelle stagnazioni prolungate questa viene meno e alimenta disperazione); (c) crisi da consolidamento del sistema bancario, questa causa di ricadute in recessione; (d) fenomeni migratori con impoverimento del capitale umano della nazione.
Paradossalmente, ci sono più rischi di destabilizzazione del sistema in una situazione di ripresa troppo lenta, cioè di stagnazione prolungata, che in una di crisi acuta. Per esempio, parecchi scenari, tra cui quello del mio gruppo di ricerca, individuano un’elevata probabilità di dissoluzione dell’euro tra cinque anni per sua insostenibilità da parte di molte euronazioni intrappolate nella stagnazione, per inciso la Francia il Paese più fragile, l’Italia seconda.
Per tale motivo bisognerebbe mettere in priorità cambiamenti del modello sia nazionale, sia dell’Eurozona con lo scopo di renderli, velocemente, meno depressivi. Da un lato, sta crescendo la consapevolezza che l’austerità eccessiva, cioè la priorità di ridurre il debito invece che stimolare la crescita, è stata una politica sbagliata. Dall’altro, la messa in pratica di questa nuova consapevolezza è minima.
Con la complicazione in Italia che la maggioranza di governo fatta di opposti potrà invertire la tendenza recessiva, ma difficilmente avrà il consenso per cambiare il modello economico che blocca una ripresa più forte. Appunto, bisogna riflettere a fondo su come accelerare il cambiamento.