Per l’Ilva di Taranto forse è la volta buona. Il decreto licenziato ieri dal governo ha conferito al commissario Enrico Bondi poteri assoluti sull’azienda, gli stessi dell’intero Consiglio d’amministrazione. I Riva possono, al massimo, vendere. Il suo incarico durerà 12 mesi e potrà essere prorogato fino a una durata complessiva di 36 mesi. Sono stati svincolati, inoltre, le somme finite nel sequestro disposto dalla Procura di Taranto. 8,1 miliardi di euro che saranno usati per far ripartire l’aziende ferma ormai da mesi. «Le predette somme – si legge nel decreto – sono messe a disposizione del commissario e vincolate alle finalità indicate al periodo precedente». Non solo: «I proventi derivanti dall’attività dell’impresa commissariata restano nella disponibilità del commissario nella misura necessaria all’attuazione dell’Aia e alla gestione dell’impresa nel rispetto delle previsioni del presente decreto». Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze ci spiega quali sono gli ostacoli a una piena ripresa della produttività.
Pensa che la magistratura potrebbe ulteriormente bloccare le risorse già poste sotto sequestro?
Direi di no, dato che il decreto non modifica ma integra la disposizione cautelare della magistratura con la quale era stato disposto il sequestro. Si è deciso di dare priorità alla ripartenza dell’industria. Una scelta connotata anche da un preciso orientamento etico. Si è ritenuto, cioè, che mediante lo sviluppo della produzione sarà più facile risolvere il problema delle vittime. Sia dal punto di vista del risarcimento pecuniario che del loro futuro; queste famiglie, come del resto tutta la città, infatti, ambiscono a preservare una vita operosa. Non è pensabile, del resto, che i loro figli campino dell’indennizzo dei genitori in una città che ormai è in declino.
Crede che, adesso, l’Ilva sia nelle condizioni per ripartire?
Purtroppo il sequestro di per sé ha reso difficile reperire ulteriori somme, magari attraverso una più intesa attività di persuasione nei confronti dei Riva; che, d’altro canto, non è noto se dispongano effettivamente dei capitali necessari per mandare avanti l’impresa, il cui futuro permane nell’incertezza. Inoltre, è evidente che una compagine commissariata non ha la stessa capacità operativa e la stessa credibilità sul mercato di una qualsiasi altra azienda. Non dimentichiamo che l’Ilva di Taranto è solo una parte del gruppo. Quota delle somme sbloccata dovrebbe essere destinata a far funzionare il resto dell’azienda. Che non ripartirà esclusivamente grazia alla dicotomia risanamento/ripresa della produzione. Il capitale serve anche per il finanziamento delle esportazioni, per le manutenzioni straordinarie, per il processo tecnologico e via dicendo.
Come valuta la nomina di Enrico Bondi?
Con Enrico Bondi si è deciso di operare nel segno della continuità, essendo stato nominato di recente ad dell’azienda. Tuttavia, è un liquidatore e un esperto di conti più che un gestore di imprese. Gli si è affidato un compito al quale potrebbe non essere adeguato. Diciamo che il governo non ha potuto fare altro, nell’immediato, che limitare i danni.
A cosa imputa una tale situazione?
Occorre prendere atto della gravi omissioni di Confindustria e sindacati. Com’è possibile che per anni, ben prima del sequestro, non si siano resi conto dell’anomalia di un’impresa di queste dimensioni che dovrebbe essere quotata in borsa, ma non lo è, e le cui ramificazioni finanziarie si estendono nei paradisi fiscali più sperduti al mondo? E com’è possibile che fino a poco tempo fa non ci si sia reso conto dei rischi per la salute per l’intera città? C’è stato un silenzio assoluto da parte dei soggetti interessati compresa, ovviamente, la politica locale.
Cosa resta da fare?
Occorrerà chiedere agli operatori del mercato se non siano disposti a fare dei prestiti convertendo (prestiti obbligazionari il cui rimborso è previsto in via obbligata attraverso l’emissione di nuove azioni) in modo da partecipare, in futuro, alla gestione del rilancio dell’impresa. I Riva, dal canto loro, dovranno riordinare la loro proprietà.
(Paolo Nessi)