In Italia il mercato del legname sta ancora attraversando un momento difficile. In particolare quello delle latifoglie americane, che già lo scorso anno aveva fatto registrare forti crolli nelle vendite, essendo più di altri legato all’edilizia in crisi. Le cose vanno un po’meglio per chi lavora con l’estero. Come la A.L.A. Legnami, azienda dell’aretino, specializzata nell’import di legname. Ad Andrea Carriero, terza generazione alla guida dell’azienda di famiglia, abbiamo chiesto di raccontarci come stanno reagendo alle difficoltà che hanno investito il settore.
Ancora tutto fermo sul mercato interno?
Sì, purtroppo.
Quali sono le cause?
La causa principale è la difficoltà di accesso al credito dei clienti con le banche. Difficoltà che a loro volta hanno con gli utilizzatori finali, a eccezione di quelli che lavorano con l’estero. C’è anche un altro dato allarmante.
Quale?
Nell’ultimo quadrimestre c’è stata un’ulteriore flessione nel mercato immobiliare, cui siamo strettamente collegati.
Cosa fate per reagire alla crisi?
Da imprenditore sono ottimista. Penso che aveva regione Einstein quando diceva che “l’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla”. A ogni modo per reagire alla crisi stiamo trovando nuove strategie, ad esempio vendendo all’estero materiale con valore aggiunto.
Cosa intende per “materiale con valore aggiunto”?
Intendo prodotti pre-finiti, non grezzi, con una prima lavorazione sul legno. Questo ci consente di mantenere il fatturato e farlo in modo più sicuro e, di conseguenza, di tenere sotto controllo i costi dell’azienda, proprio per la tranquillità nei pagamenti. Inoltre, spingiamo su prodotti che fanno girare più velocemente il magazzino.
Quali altre strategie?
Oggi non ci interessa raggiungere i fatturati che avevamo fino al 2007-2008. Anzi abbiamo diminuito, a favore di un lavoro più moderato e tranquillo. Ma è stato inevitabile diminuire anche le spese.
Come avete fatto?
Abbiamo chiuso il deposito di Pesaro, tenendo la clientela migliore, oltre a un’ulteriore riduzione su Roma e Arezzo. Se non bastasse, siamo disposti a fare altri passi per sostenere l’azienda. Non è stato facile perché abbiamo sempre considerato il personale una famiglia da salvaguardare. Noi siamo la terza generazione e dobbiamo ringraziare quella che ci ha preceduto, perché con grossi sacrifici ha reso l’azienda così patrimonializzata.
Le buone notizie vengono solo dalla vostra azienda statunitense?
La nostra azienda negli Usa (la Lawrence Lumber Company, ndr) ci sta dando buone soddisfazioni. Anche se possiamo fare di più. Ogni anno la Lawrence ha la possibilità di fare investimenti, cosa che non capita qui in Italia.
I risultati sono buoni?
Sì. Con mio zio, il signor Tito Gori, che è il titolare del gruppo Ala -Lawrence, cerchiamo di diversificare rivolgendoci a nicchie di mercato. Siamo più snelli di molte segherie americane a concentration yard; con le nostre selezioni e servizi, che altri non offrono, riusciamo a soddisfare diverse tipologie di clienti.
A livello europeo e mondiale si cominciano a vedere segnali di ripresa per le specie che voi trattate. Ci sono buone speranze anche per il nostro Paese?
Non è difficile trovare paesi che stanno vivendo una ripresa migliore della nostra. È vero che oggi è difficile reperire alcune essenze che noi trattiamo e che stanno aumentando di prezzo. Rimane, come le dicevo all’inizio, il problema sul territorio nazionale. La domanda è ancora inferiore all’offerta, per cui è una battaglia continua. Comunque è sempre un segnale positivo quando i prezzi aumentano. Restano ancora delle criticità.
Quali sono oggi le maggiori?
Le criticità sono ancora tante, ma ciò che preoccupa maggiormente gli imprenditori sono i problemi burocratici: l’inefficienza del sistema legale e l’instabilità politica. In più, le insolvenze e il sistema fiscale portano a una forte diminuzione delle opportunità imprenditoriali. Di conseguenza abbiamo pochi investimenti o addirittura dismissioni di Pmi che trovano condizioni più agevoli in altre nazioni. Questo contribuisce a non far crescere il Paese.
Che prospettive di sviluppo avete?
Abbiamo diverse idee in fase di elaborazione ma dobbiamo stare con i piedi per terra.
Ce ne vuole accennare?
Alcuni dei nostri progetti riguardano l’estero, con la Lawrence, in particolare, ci stiamo rivolgendo ai paesi arabi e ad alcune nazioni europee nelle quali non eravamo presenti.