Caro direttore,
Sono uno studente di Economia dell’Università Cattolica di Milano e desidero portare un piccolo contributo alle provocazioni lanciate dal Volantino di Comunione e Liberazione “La crisi, sfida per un cambiamento” e all’articolo di Julian Carron “Anche in politica l’altro è un bene”, pubblicati anche sul suo giornale. Per la tesi di laurea mi sono recato a Boston, dove ho seguito per tre mesi un’importante azienda che opera con società finanziarie della città e istituzioni governative a Washington. Nel 2013 l’azienda si è trovata ad affrontare il delicato processo di cambiamento del proprio sistema di CRM, un sistema informativo utile alla gestione strategica di dati e informazioni cruciali per le proprie attività aziendali. Attraverso il lavoro di ricerca sono emerse due scoperte.
1. La realtà come primo contributo alla strategia aziendale.Se la strategia aziendale non è un aderire ai segni che la realtà porta e indica, ma è un’imposizione di un progetto (un manager diceva: “Non c’è nulla di oggettivo, tutto è soggettivo”), ci si schianta, e i risultati aziendali dimostrano la validità della prima posizione contro la seconda. Aver risposto nei tempi corretti alla realtà (la dichiarazione di un fornitore e delle modifiche delle opportunità competitive hanno convinto l’azienda a cambiare CRM) e aver prestato attenzione a quello di cui l’azienda aveva effettivo bisogno (customization del sistema informativo) ha sviluppato una buona strategia che rispondeva correttamente alle domande: perché cambiare il CRM? Come cambiare il CRM? Ma alla domanda quando cambiare il CRM? si è usciti fuori strada: di fronte alla Dipartimento IT che diceva che il sistema non era ancora pronto, il Management ha deciso di imporre un progetto, tacitando l’opinione dell’IT Department in quanto meramente soggettiva.
L’implementazione anticipata del sistema provocherà moltissimi problemi tecnologici all’azienda. La realtà, dunque, si è rivelata quale vero alleato cui poter guardare come ipotesi e contributo alle proprie decisioni e azioni di strategia aziendale.
2. La sfida del “cambiamento come occasione” e che “l’altro è un bene”.Proprio i gravi problemi di
performance del CRM, dovuti a un’implementazione errata nelle tempistiche, hanno creato ostilità al nuovo CRM da parte dei dipendenti. Ma il fatto che pochissimi dipendenti fossero disposti a rischiare un cambiamento, che non veniva visto come un’occasione (la sfida lanciata dal Volantino di CL: “La realtà, anche quando appare negativa e difficile, rimette in gioco la voglia di conoscere, di costruire, di impegnarsi”) ma come qualcosa di negativo (un manager ha detto: “L’uomo è l’animale delle abitudini e per natura non può cambiare”), ha portato un prodotto perfetto in frantumi. Una parte del management, rendendosi conto di questo problema di posizione di fronte al cambiamento, ha deciso l’apertura di un nuovo tavolo di lavoro in cui tutti i dipartimenti, lavorando insieme, potevano contribuire a risolvere i problemi, provando così a sentirsi parte di una soluzione anziché del problema. Dopo alcuni mesi, la situazione è uscita da una pericolosa impasse e, lentamente, le performance del CRM hanno cominciato a migliorare.
Un’altra difficoltà è stata che il fornitore del CRM si era rivelato incapace di fornire i servizi necessari per risolvere i problemi. Per questo, mentre una parte dei vertici aziendali era sul punto di abbandonare l’implementazione tra livori e risentimenti, il manager responsabile del Dipartimento IT comprese di dover, invece, ancor più di prima fare i conti con il venditore e collaborare con lui, aiutandolo in quelle attività di implementazione di CRM che su cui non aveva abbastanza esperienza, incentivando incontri tra le due parti per condividere esperienze e problemi durante l’implementazione.
In una lettera inviata a Repubblica nell’aprile 2013, Julian Carròn scriveva che anche in politica l’altro è un bene. Questo giudizio è molto pertinente anche alle relazioni economiche: per l’azienda è risultato fondamentale lavorare insieme al fornitore piuttosto che rimanere fermi e isolati, covando risentimenti su regole del gioco cambiate (il venire meno di alcuni servizi del fornitore) o su soluzioni che non arriveranno mai (pensare di riuscire a uscire da sola dalla problematica implementazione). Quando le parti che si fronteggiano accettano la sfida della realtà, dentro il confronto reciproco e dentro il fatto che si impara guardando all’esperienza, alcune difficoltà dell’implementazione iniziano a essere risolte.
Concludendo, ho potuto vedere che la relazione tra strategia aziendale e tecnologia risulta sì fondamentale per l’implementazione dei sistemi informativi: solo così essi permettono la nascita di un vantaggio competitivo nell’azienda. Ma sia strategia che tecnologia non assolvono il loro compito se dietro non vi è il vero protagonista di questi processi e cioè l’uomo: nessuna tecnologia può permettere il cambiamento, e nessuna strategia può guidarlo. È solo nell’uomo che esso può nascere e svilupparsi, anche in mezzo a enormi difficoltà.
Un uomo che, cogliendo i suggerimenti che la realtà indica e non imponendo progetti ideologici può compiere valide scelte strategiche. E che, entrando in relazione con la tecnologia può favorirne il suo vero scopo, e cioè strumento di supporto alle attività aziendali.
(Marco Erroi)