Pochi mesi fa tutti i settori dell’economia mostravano tendenze discendenti. Solo l’export andava bene, ma ciò non bastava a bilanciare il collasso del mercato interno colpito dalla contrazione dei consumi – a causa del drenaggio fiscale e della perdita di fiducia – e del credito. L’ansia della gente era giustificata, così come i commenti economici che invocavano azioni immediate di politica economica d’emergenza per invertire una tendenza catastrofica prima che diventasse decrescita irreversibile. Io scrissi “tre mesi di tempo”.
Ora la situazione è caratterizzata da alcuni settori del mercato interno che restano in grave crisi, mentre altri mostrano segni di tenuta o di avvio di una pur lenta ripresa. Ciò non è dovuto a qualche politica economica particolarmente stimolativa: il governo la sta impostando, ma non sono ancora visibili gli effetti. È in atto, invece, un aggiustamento spontaneo del mercato. Molte famiglie che hanno mantenuto il reddito e che, temendo un futuro oscuro, hanno risparmiato di più e consumato di meno, ora tornano a spendere, pur con prudenza, perché vedono che il disastro non si è abbattuto su di loro. Molte aziende sono riuscite ad adattarsi ai tempi duri, ancora non investono, ma continuano a richiedere beni ai loro fornitori, in leggero aumento. Infatti, la produzione industriale è salita di un minimo.
Non è ancora inversione della recessione – il Pil 2013 scenderà dell’1,9% -, ma si osservano i suoi precursori. Infatti, analisti e governo stimano il punto di inversione in autunno e una crescita del Pil attorno allo 0,7% nel 2014. In questo calcolo inseriscono 20 miliardi di pagamento – su oltre 100 – dei debiti delle amministrazioni pubbliche nei confronti delle imprese fornitrici (moltissime di queste fallite proprio a causa del ritardo di tali pagamenti) e l’effetto stimolativo dei provvedimenti ora in approvazione, particolarmente nel settore costruzioni e immobiliare.
In effetti, questi fattori combinati con il riaggiustamento naturale detto sopra potranno farci uscire dalla crisi. Ma la ripresa sarà molto fragile, perché restano i pesi fiscali eccessivi, la domanda globale stagnante non tirerà più che tanto l’export e, soprattutto, il sistema bancario si troverà in difficoltà per la marea di insolvenze che lo stanno devastando, con impatto restrittivo sul credito.
Questo il punto principale, oltre all’ovvia necessità di stabilità politica: se si trova un modo per aumentare il credito, allora la ripresa si consoliderà. Se non lo si troverà e se la politica tornasse caotica ricadremo in recessione.