Nel 1944, con “Bureaucracy”, Ludwig von Mises identifica l’agente supremo dell’economia di libero mercato. La mette giù dura: “I capitalisti, gli imprenditori e gli agricoltori sono come strumenti nella conduzione degli affari economici. Sono al timone e governano la nave. Ma non sono liberi di tracciare il suo corso. Non sono supremi, sono solo timonieri, tenuti ad obbedire incondizionatamente agli ordini del capitano. Il capitano è il consumatore”. Vero! Ancor più vero quando, quello stesso consumatore, risulta affrancato dal bisogno!
Ha ancora da dire: “Né i capitalisti, né gli imprenditori, né i contadini determinano ciò che deve essere prodotto. Lo fanno i consumatori. I produttori non producono per il proprio consumo, ma per quello del mercato. Il loro intento è quello di vendere i loro prodotti. Se i consumatori non acquistano i beni offerti loro, l’imprenditore non può recuperare le spese effettuate. Perde il suo denaro. Se non riesce a regolare la sua produzione secondo i desideri dei consumatori, molto presto verrà rimosso dalla sua eminente posizione al timone. Verrà sostituito da altri uomini che avranno soddisfatto meglio la domanda dei consumatori”.
Beh, che dire: quelli che stanno al timone, per scampare al pericolo e restarci, hanno preteso e ottenuto che venissero messe in campo politiche e tecniche in grado di reflazionare il mercato e così dare sostegno alla domanda per non far scendere i prezzi. Tanto per gradire: tutte le banche centrali dei paesi del G7 mostrano come, dal 2007 finora, le iniezioni massicce di liquidità siano state di ben 10.000 miliardi di dollari. Un bel giochino di alterazione del meccanismo di formazione dei prezzi, buono insomma per non cambiare il timoniere.
Tutto questo fin quando i nodi vengono al pettine: le politiche monetarie smettono di funzionare, il credito si mostra inattingibile. Quegli equilibri posticci saltano. E quando emerge dai dati diffusi dall’Istat che nel 2012 in Italia il numero di persone che vivono in povertà relativa è aumentato a 9.563.000, pari al 15,8% della popolazione, mentre quelle in povertà assoluta sono risultate pari all’8%, ossia 4.814.000, sono dolori!
Dolori, sì! La chiosa di von Mises, letta oggi non lascia scampo: “Questo è il sistema di causa/effetto del libero mercato. I consumatori sono in carica e sono spietati. I veri padroni nel sistema capitalistico dell’economia di mercato, sono i consumatori. Essi, con il loro acquisto e la loro astensione dall’acquisto, decidono chi deve possedere il capitale e gestire le industrie. Essi determinano ciò che dovrebbe essere prodotto e in che quantità e qualità. I loro atteggiamenti comportano per l’imprenditore un utile o una perdita. Rendono poveri gli uomini ricchi e ricchi gli uomini poveri. Non sono capi semplici. Sono pieni di capricci e fantasie, mutevoli ed imprevedibili. A loro non importa un briciolo del merito passato. Appena viene offerto loro qualcosa che gradiscono di più o che è più economico abbandonano i loro vecchi fornitori. Per loro niente conta di più della loro soddisfazione. Non si preoccupano affatto degli interessi acquisiti dei capitalisti, né della sorte dei lavoratori che perdono il posto di lavoro se i consumatori non comprano più quello che solevano comprare”.
Figuriamoci quando addirittura non possono. Che dire: ce ne sarà per tutti o forse per nessuno. Prosit!