Un cambiamento di rotta nelle politiche economiche mondiali sembra sempre più intravedersi come un’alternativa possibile alle politiche deflattive, ossia cosiddette di austerità, sin qui condotte su scala mondiale. Il Fondo monetario internazionale si è già espresso chiaramente in questo senso e il peso crescente che a livello internazionale esercitano i cosiddetti paesi emergenti ha delle conseguenze in tutto il mondo. La politica sostanzialmente di tipo keynesiano, ossia di abbassamento dei tassi di interesse e di sostegno della domanda interna che ne dovrebbe derivare, sembra che abbia effettivamente stimolato la ripresa degli investimenti negli Usa e quindi la ripresa dei consumi delle famiglie americane, anche se ancora con ritmi lentissimi. Tuttavia, assistiamo a un fenomeno opposto che riguarda soprattutto l’Europa.



Nel nostro vecchio continente la follia dell’austerità comincia a scuotere anche i fondamentalismi più accaniti. È recentissima la notizia che il debito pubblico italiano è di nuovo aumentato e che la situazione greca, portoghese e spagnola peggiora sempre più. Se ne è accorta addirittura la signora Merkel, che si è lasciata scappare l’affermazione che sulla Grecia la scure si era abbattuta troppo forte. E anche il ministro Schauble, nella solita visita lampo tipo Blitzkrieg compiuta ad Atene recentemente ha detto che bisognerà prima o poi pensare alla crescita.



Bisognerebbe avere l’arguzia e la penna del grande Heine per porre in ridicolo il fariseismo germanico, con quella pungente ironia che lo costrinse all’esilio in Francia. Noi in esilio ci siamo già, ci stiamo bene e quindi ce la godiamo quando vediamo che al recente G20 di Mosca i problemi discussi sono stati la disoccupazione e l’evasione fiscale, ma nessuno si è azzardato a parlare di austerità e di simili corbellerie. In Italia, dove noi esiliati contiamo qualcosa tra i pensatori trasversali, si sentono voci inconsuete. In verità. io l’avevo già presagito enfatizzando su queste pagine le novità del governo Letta-Alfano. Ora il buon senso e il coraggio del ministro Zanonato segnano un cambiamento di rotta.



Le culture economiche dei due blocchi sociali e politici che formano il governo si stanno amalgamando e nell’amalgama vince la linea antideflazionistica che il centrodestra aveva con tutte le inevitabili contraddizioni fatto sua già durante le pessime prove del governo Monti. Zanonato non si fa condizionare dal piccolo establishment deflazionista e antigovernativo. Ha annunciato due misure coraggiose: l’eliminazione dell’Imu, attraverso una sua modulazione molto ragionevole, e il non aumento dell’Iva. Entrambe queste misure sono in primo luogo un segnale politico chiaro sia a coloro che vogliono mettere in difficoltà il governo, sia all’Europa.

Il filo che si era iniziato a dipanare con i risultati raggiunti da Letta sul fronte della non considerazione degli investimenti in infrastrutture e in coesione sociale rispetto al deficit e l’ottimo lavoro del ministro Trigilia rispetto ai fondi strutturali europei non deve spezzarsi e deve continuare a srotolarsi con tutta una serie di atti di politica economica che avremo modo di enunciare e discutere anche sulle colonne di questo giornale. Per ora brindiamo al cambiamento di rotta, che mi pare ormai irreversibile.