Durt: sembra una parolaccia. Ma per gli imprenditori è molto peggio. Significa Documento unico di regolarità tributaria, ed è l’ennesimo fardello per le imprese, introdotto con un emendamento al decreto del fare messo a punto da Giacomo Pisano, onorevole 5 Stelle. Non si tratta di una tassa, ma di un adempimento burocratico che impone alle aziende, anche quelle micro, di comunicare alla Agenzia delle Entrate, edentro 30 giorni, tutti i versamenti relativi alle buste paga dei dipendenti. In sostanza, prima di essere pagate devono dimostrare di essere in regola. Ne abbiamo parlato con Enrico Zanetti, onorevole di Scelta civica che si è battuto contro il provvedimento.
Perché l’emendamento risulterà così dannoso per le aziende?
Anzitutto, trae le mosse dalla logica secondo cui, prima di ogni cosa, occorra versare le imposte allo Stato e solo in seguito si possa (eventualmente!) essere pagati. Oltretutto, promuove il principio secondo cui debba essere l’azienda con la quale si lavora a doversi preoccupare di verificare l’evasione, invece che lo Stato. A differenza del precedente Durc (Documento unico di regolarità contributiva), infatti, si applica a tutti gli appalti, anche a quelli tra soggetti privati e interessa, potenzialmente, dei micro soggetti per i quali gli adempienti che per realtà grandi e strutturate possono risultare semplici, costituiscono invece pratiche onerose che necessitano dell’assistenza di soggetti esterni.
Quali altri problemi comporta?
Un imprenditore potrebbe trovarsi nella condizione di non poter versare, per uno o due mesi, le ritenute per i redditi da lavoro dipendente. E non perché è intenzionato a evaderle, ma perché, magari, si trova in quel periodo, in una fase di tensione finanziaria. I contribuiti, in ogni caso, prima o poi li pagherebbe comunque, evidenziando tutto nella dichiarazione annuale ed esponendosi alle sanzioni del caso per il versamento tardivo. Tuttavia, con il Durt, risulterebbe non in regola, e il cliente sarebbe autorizzato a non pagarlo. Pagandolo, si assumerebbe la responsabilità solidale delle sue imposte.
Il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, sostenitore del provvedimento, afferma che se «un subappaltatore non si registra sul portale vale la disciplina vigente senza alcuna modifica. Se vuole rescindere la responsabilità solidale, possibilità non presente nella legislazione pre-ordinamento, utilizza il portale».
Non è vero: chi non si iscrive al portale (che deve ancora essere messo a punto dall’Agenzia delle entrate) non può ottenere il Durt. E chi non ottiene il Durt può non essere pagato. Non è neanche vero che vale la normativa precedente. Essa avrà valore, infatti, solamente fino a quando il Durt non sarà approvato in maniera definitiva. Insomma, è evidente che il cliente, rischiando la responsabilità solidale, sarà incline a non pagare. L’azienda non pagata non solo non sarà più in grado, senza quel pagamento, di andare avanti, ma neppure di provvedere adun ravvedimento oneroso. A quel punto, l’imprenditore inadempiente diventerebbe una sorta di ricercato pubblico numero uno per il fisco, mentre tutti si sentirebbero in diritto di non pagarlo. Quell’imprenditore fallirà.
Com’è possibile che sia stato approvato un provvedimento così contradditorio con la finalità di partenza?
Anzitutto, continuare a fare decreti legge di oltre 80 articoli in cui si affrontano decine di materie diverse fa sì che l’organicità, la razionalità e la sistematicità del provvedimento siano escluse a priori. Inoltre, siamo in presenza di un mix di tre fattori: l’incapacità di parte del Pd di concepire la semplificazione degli adempimenti fiscali come qualcosa di diverso da una strizzata d’occhio verso gli evasori; il sostanziale menefreghismo del Pdl ogni volta che si discute di questioni che non hanno ricadute mediatiche immediatamente percepibili; e la fantasia visionaria e ancorata a soluzioni provenienti dalla rete dell’M5S.
Che margini di manovra ci sono ancora per intervenire?
Il decreto deve passare ancora all’esame del Senato, dove si spera che ci saranno delle modifiche. Concretamente, esse saranno possibili se il Pdl la smetterà di infischiarsene dei problemi delle imprese e se quella parte del Pd che non è prevenuta verso il mondo dell’impresa e del lavoro autonomo spiegherà ai suoi compagni di viaggio che si stanno facendo ridire dietro.
(Paolo Nessi)