La Allestimenti Benfenati è sul mercato da 50 anni. Ha seguito passo dopo passo l’evoluzione del settore passando dalla Campionaria alle fiere di settore, dai congressi di partito ai fuori salone. Oggi, pur giocando in casa, attende l’Expo senza particolare entusiasmo e con qualche perplessità. A Roberto Benfenati, che dell’azienda è il titolare, abbiamo chiesto i motivi di questo scetticismo.
La sua azienda è sul mercato da 50 anni. Com’è cambiata l’attività in tutto questo tempo?
I cambiamenti sono stati sostanziali. Siamo partiti in modo molto artigianale, con il grosso dell’attività che veniva svolta direttamente in cantiere; i tempi di montaggio erano lunghi perché le fiere erano poche ed era facile trovare manovalanza qualificata a costi bassi.
Poi cos’è successo?
Oggi le cose sono completamente cambiate. I tempi di montaggio e smontaggio si sono accorciati moltissimo e il grosso delle lavorazioni viene effettuato in laboratorio, con pre-assemblaggi. Internet poi ha cambiato il modo di comunicare delle aziende e i loro strumenti di vendita. Ma sarebbe troppo lungo palarne dettagliatamente.
In passato vi siete occupati anche di eventi politici e congressi di partito. Poi è arrivata tangentopoli…
Le riunioni di partito erano importanti per il settore. Un esempio che ricordano in molti è la piramide di Panseca all’ex Ansaldo: allora eravamo agli albori dell’istrionismo in politica. Oggi la propaganda politica non usa più quelle forme di comunicazione. Sicuramente è stata la tv a far venir meno questi strumenti. Devo dire che è stato anche divertente fare alcuni di quei lavori.
Le fiere sono in crisi, gli eventi della politica non si fanno più, rimane l’Expo. Parteciperete?
Sì, anche se prima di tutto bisogna capire come si configurano i tempi.
Cioè?
Expo è una grande occasione, ma se, come sembra, i tempi saranno quelli delle gare dell’ultimo minuto, vuol dire che tutto dovrà essere realizzato in pochissimo tempo. E questo va a scapito della pianificazione. Potrebbe succedere che il grosso delle commesse venga gestito da realtà poco verificabili.
La sua azienda, come la maggior parte del settore, è una Pmi.
Per come è strutturato il nostro mercato, sono pochissime le realtà italiane di grandi dimensioni e con una struttura paragonabile a quella di alcune imprese estere.
Davvero non ci sono possibilità per le imprese italiane?
Per avere chance significative bisognerebbe costituire consorzi tra piccole realtà in modo da poter concorrere alle commesse di una certa entità. Ma se i tempi si accorceranno e le decisioni verranno prese solo negli ultimi mesi, anche la strada dei consorzi sarà difficilmente percorribile.
Se lo scenario è questo, cosa pensate di fare?
Se da un lato si creerà un mercato dei grandi lavori che vedrà poco coinvolte le imprese italiane, se non come terzisti di grandi gruppi stranieri, dall’altro c’è tutta una fascia di clientela, piccola e media, cha ha una dimensione tale da non giustificare l’intervento delle multinazionali, ma che avrà sicuramente bisogno di un servizio di qualità, anche superiore. E noi, come azienda puntiamo proprio in quella direzione.
Cosa chiedono i vostri clienti?
Non essendo ancora chiari i tempi, molti dei nostri clienti sono ancora abbastanza lontani da Expo. Anche perché in generale stiamo parlando di nazioni o di grandi gruppi. E questi ultimi decidono solo quando hanno visto il planning di tutti gli eventi, cosa che ancora non c’è. Finora nessuno dei miei clienti mi ha chiesto qualcosa per Expo. E questo è un dato abbastanza significativo.
L’Expo è in ritardo?
Si continua a parlare delle prime gare di progetto, ma sono ancora sulla carta e molto scarsa è l’informazione su tempi e modi dei lavori. Poi ci sono anche altri problemi.
Quali?
Uno riguarda il mercato del lavoro che andrebbe protetto, operando un controllo sulla qualità della manodopera e facendo rispettare le leggi del Paese che ospita l’Expo. Cosa che i cinesi, per esempio, hanno fatto in maniera rigidissima. Spero che chi gestirà questa operazione abbia l’intelligenza di vedere quanto è importante questo aspetto per il nostro settore.
In pratica, dell’Expo vi siete ritagliati una nicchia neanche tanto piccola.
Proprio così. Abbiamo sempre lavorato nella nicchia degli eventi, dove siamo particolarmente apprezzati per la nostra capacità di risolvere i problemi e dove non sono richieste grandi produzioni seriali che peraltro non sono il nostro forte.
Che caratteristiche ha questa nicchia di mercato?
Come per il Salone del mobile si è creato un “fuori Salone”, anche per l’Expo ci sarà un “fuori Expo” con moltissimi eventi che si svolgeranno in location esterne e avranno una durata diversificata. Per i prossimi due anni punteremo moltissimo su questo tipo di eventi.
Lei insegna in università ed è autore di una serie di volumi per la categoria. Dove trova il tempo per fare anche queste cose?
Anche se mi porta via tempo all’azienda, ci tengo a fare queste cose perché le considero un impegno verso la categoria, per valorizzare il nostro settore. Il “Manuale dell’allestitore”, che sto curando da alcuni anni assieme a un paio di colleghi, e i corsi del Politecnico e della Fondazione Fiera sono un’occasione importante per trasmettere ai giovani l’esperienza che ho fatto sulla mia pelle come imprenditore. Oggi non ci sono più i tempi per fare questa formazione in azienda. La realtà va molto più veloce.
Cosa insegna?
Mi sono laureato in Architettura, così mi diverte entrare in contatto con questi ragazzi. Insegno tecniche e processi di lavorazione, materiali, ecc. Ma alle nuove leve insegno soprattutto a riconoscere chi sono gli interlocutori di questo mestiere, con chi dovranno essere flessibili e con chi invece non lo dovranno essere. E così via.
Un compito importante quello della formazione.
Certo. Anche per scrollarsi di dosso l’immagine negativa che storicamente ci portiamo dietro secondo cui l’allestitore è un “falegnamone” con una qualità abbastanza scarsa perché il prodotto dura poco. In realtà, l’allestitore è un organizzatore di produzioni destinate a eventi complessi che richiedono una professionalità specifica.