Questa settimana al Grand Hotel Terme di Sirmione si è svolta l’assemblea generale di Assarredo, che è servita quest’anno a fare il punto sulla situazione del mercato dell’arredamento in Italia e sulle opportunità che si stanno aprendo a livello internazionale, in particolare in Cina. Al presidente Giovanni Anzani abbiamo chiesto di raccontarci le novità che sono emerse nel corso della giornata.



Cosa è emerso dal convegno?

Il convegno è stato molto utile perché si è parlato di paesi che, in prospettiva, avranno un forte sviluppo.

Quali sono?

Ci sono 400 città nel mondo che avranno un forte sviluppo. In testa c’è la Cina, dove molte città hanno programmato di costruire abitazioni per 350-400 milioni di persone.



Sono numeri da capogiro.

Stiamo parlando di una nazione con un miliardo e mezzo di persone. Si parla di città, ma in realtà, se le paragoniamo alle nostre, si tratta più di paesi.

Quando parla di forte sviluppo cosa intende?

Se c’è un rallentamento in alcune aree storiche della Cina, dove il Pil si assesta al +7-8%, in queste nuove zone nei prossimi anni si prevede un incremento del Pil del 13-14%.

Ha fatto cenno anche a paesi in forte crescita, a quali si riferisce?

Ci sono paesi come quelli del centro Africa, o come la Mongolia, che siedono su ricchi giacimenti. È qui che dobbiamo investire per far conoscere la qualità del nostro sistema arredo.



Che azioni farete?

Stiamo pensando a operazioni mirate; con l’aiuto dell’Ice pensiamo, ad esempio, di invitare il maggior numero di investitori e architetti di questi paesi al prossimo Salone del mobile.

In che modo sarà utile un intervento del genere?

Ci sono riscontri che questi paesi amano molto l’Italia e il nostro design, lo dimostra il fatto che copiano interamente i nostri prodotti, ma non capiscono le caratteristiche del nostro sistema: l’eleganza, la qualità del nostro prodotto; per cui c’è bisogno di un’educazione al “bello e fatto bene”. Purtroppo…

Purtroppo?

Ci sono paesi che sono lì da vent’anni; noi dobbiamo recuperare questo gap. E la cosa potrebbe essere difficile.

 

Perché?

Perché noi italiani abbiamo nel DNA la propensione ad andare da soli. Mentre credo che questi paesi sono così grandi, lontani e difficili che bisogna cercare di fare azioni di marketing di gruppo.

  

Gli altri paesi presenti in Cina operano nel settore dell’arredo?

No, se parliamo del mercato cinese direi che c’è solo la Germania. 

 

Gli americani, per esempio, cosa fanno?

In prevalenza sono proprio studi americani quelli che stanno progettando lo sviluppo di queste città. Le faccio un esempio.

 

Prego.

È stato realizzato un residence fatto da ville che valgono dai 5 ai 10 milioni di dollari interamente arredate con mobili americani. Per noi c’è stato uno stop. Ma ci sono anche altri problemi

 

Di che tipo?

Non è corretto che si approprino dei frutti della nostra ricerca, dei nostri sforzi, producano a basso costo e riversino poi i loro prodotti su altri mercati. A livello normativo, in Europa c’è molto da fare per tutelare il consumatore finale.

 

Cosa dovrebbe fare l’Europa?

Tutti i prodotti che arrivano da paesi che non fanno parte dell’Unione europea dovrebbero essere accompagnati da una specie di carta d’identità dalla quale si può conoscere in quale Paese è stato prodotto, con che materiali e così via. Questo va nella direzione della salute dell’utente finale. Se quei prodotti non corrispondono a quanto stabilito dalla normative europee vanno sequestrati. Purtroppo questo non avviene, perché pare che in Europa abbiano altri problemi.

 

Nella prima parte del convegno avete parlato della situazione del mercato italiano. Ci sono segnali di ripresa?

No, no è crisi. Il governo dovrebbe intervenire con azioni forti, avere un piano industriale a sostegno delle imprese. Che sono una ricchezza, posti di lavoro. Se continuano ad aumentare le tasse, se l’Iva sale al 22%, se continuano a togliere risorse alle imprese che potrebbero reinvestirle in ricerca e nuove tecnologie che potrebbero a loro volta far ripartire i consumi…

 

Cosa succederà?

Se non ci sarà un cambiamento rimangono costruzioni invendute e se nessuno acquista appartamenti noi non possiamo arredarli. Rimangono quei quattro gatti che si sposano e mettono su casa. Ma sono pochi. In questo momento la gente continua a rinviare le decisioni d’acquisto e il mercato è fermo.

 

Neanche il bonus del governo vi aiuta?

Sì, però è limitato a chi sta ristrutturando. Speriamo che venga prolungato di almeno sei mesi. Questa è la richiesta che stiamo facendo al governo. Il bonus scade il 31 dicembre e in più, per chi potrà farle, ci sono di mezzo le vacanze.

 

Vi restano pochi mesi.

Decidere di rinnovare i mobili non è come comperare un vestito. I tempi “tecnici” sono più lunghi. Senza la proroga sarà il solito palliativo, un annuncio che però non porterà nulla di concreto.

 

È perplesso?

No, il provvedimento è sicuramente qualcosa che va nella direzione giusta, soprattutto a livello psicologico. Ma non è questo che farà ripartire i consumi. Non stiamo parlando di grosse cifre. Su un investimento di 10mila euro, si può risparmiare fino a 5mila euro, che in 10 anni, sono 500 euro all’anno. Che non è poco.

 

Cosa farete come categoria per far conoscere questa opportunità?

Tra pochi giorni lanceremo una campagna molto forte, sia sulle radio che sui mezzi pubblici per spiegare agli italiani che c’è questa possibilità. In giro c’è molta confusione e molti non lo sanno. Poi la riprenderemo a settembre, al rientro dalle vacanze. Sperando che nel frattempo arrivino buone notizie dal governo.