Il Pil dell’Eurozona torna a salire, registrando nel secondo trimestre 2013 un +0,3% che interrompe sei trimestri consecutivi di calo. È quanto emerge dalla stima flash di Eurostat, anche se ovviamente il dato nei singoli paesi è tutto tranne che omogeneo. Da un lato crescono la Germania (+0,7%), la Francia (+0,5%) e il Portogallo (+1,1%). Ancora con il segno meno invece l’Italia (-0,2%), l’Olanda (-0,2%) e la Spagna (-0,1%). Per il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, «il dato aggregato europeo è conseguenza soprattutto dello status di privilegiato della Germania, che può permettersi di fare investimenti pubblici per trainare la domanda interna, e del mancato rispetto delle regole Ue da parte della Francia, che a differenza di altri Paesi in condizioni simili non ha dovuto introdurre misure di austerity”.
Professor Fortis, come interpreta questo +0,3% del Pil europeo?
L’elemento decisivo di questo risultato sembra essere soprattutto l’andamento di Germania e Francia. Questi due paesi hanno un peso preponderante nel Pil dell’Eurozona, e il fatto che entrambi siano andati bene è stato l’elemento decisivo per interrompere questa sequenza negativa dei trimestri di recessione dell’Eurozona nel suo complesso, che proseguiva da sette trimestri.
E quindi?
Si interrompe la dinamica negativa dell’Eurozona rispetto ai trimestri precedenti, anche se a cambiare non è stato il complesso dell’economia, ma soltanto due Stati. L’Italia e la Spagna sono in rallentamento congiunturale rispetto al trimestre precedente, ma abbiamo anche una dinamica negativa molto significativa dell’Olanda che registra un -0,2%. La tendenza negativa a livello aggregato si interrompe quindi solo grazie a Germania e Francia, le cui dinamiche sono comunque da valutare con grande cautela.
Per quali motivi ritiene che i dati di Francia e Germania vadano letti con cautela?
Parigi ha registrato una dinamica dei consumi interni molto positiva, ma finora sta disattendendo in modo clamoroso gli obiettivi concordati con l’Ue. Nessuno sa quale sarà il rapporto deficit/Pil della Francia a fine anno, anche se il governo si mantiene prudente ed è molto abile nel dare le notizie solo quando vuole. Meno rigore adotta la Francia e maggiori sono i consumi che riesce a rilanciare. Quella transalpina non è però un’economia sana, in quanto sta semplicemente evitando le misure di austerity adottate da altri Paesi.
Il +0,7% della Germania è comunque una crescita importante…
La crescita della domanda interna della Germania è incentivata in misura significativa dalla spesa pubblica. I tedeschi sfruttano quindi il loro status di Paese considerato diverso rispetto alle altre nazioni europee. I tassi di Berlino per molti anni si sono mantenuti bassi, favorendo gli investimenti, i consumi e la dinamica dell’economia interna. La spesa pubblica di Berlino è inoltre aumentata, e quindi tutto ciò che ha favorito la crescita del Pil tedesco sarebbe impensabile in altri Paesi vincolati a misure di austerità.
Insomma, non c’è ancora motivo per essere troppo ottimisti.
Quello del Pil europeo è un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, e che si spiega con il fatto che la Francia non sta impegnandosi nell’austerità, mentre la Germania beneficia del suo status privilegiato, ma a sua volta sta rallentando in termini di export.
L‘Italia intanto sembra essere ancora in piena recessione. Per quali motivi?
Per l’Italia c’è un rallentamento della caduta del Pil, e quindi per il terzo trimestre 2013 ci si può attendere la crescita zero con il primo tasso positivo nel quarto trimestre. Ci sono numerosi elementi che lasciano ben sperare. Come ha ricordato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, entro il 2013 entreranno in circolo i 20 e poi forse 30 miliardi di debiti della pubblica amministrazione, cui si sommano altri 20 miliardi che dovrebbero essere pagati nella prima metà del 2014. Ciò come ha detto il ministro può generare un impulso positivo nel circolo dei pagamenti.
Quali sono invece gli elementi critici di cui tenere conto?
Bisogna prendere atto del fatto che gli ultimi due anni sono stati molto pesanti per la nostra economia, e abbiamo forse recuperato in credibilità, ma per farlo abbiamo pagato pesanti conseguenze. La responsabilità è stata del nostro sistema politico/partitico, la cui affidabilità sta oggi raggiungendo i minimi storici. Il rischio che corriamo è che quello di perdere il treno della ripresa per una crisi di governo provocata dalle ennesime diatribe e dalle solite bizzarrie berlusconiane, con un sistema politico che non riesce a far quadrato nemmeno nel momento in cui bisognerebbe cominciare a raccogliere dopo avere seminato. Dopo anni di sacrifici lo spread dell’Italia potrebbe scendere al di sotto del 200%, e non soltanto sotto al 230/240%, ma bisogna vedere se la politica lo consentirà.
(Pietro Vernizzi)